“Ma quante belle figlie madamadorè, ma quante belle figlie”, così recitava la filastrocca… eh, sì, perché le “17 ragazze” del francesissimo film dall’omonimo titolo (17 Filles), selezionato a Cannes nella Semaine de la Critique e divenuto un vero caso in Francia, sono tutte (o quasi) belle, ardenti, vitali, indipendenti e … incinte!
Le registe Delphine e Muriel Coulin, provenienti dal documentario, traspongono un fatto vero avvenuto in Massachusetts nel 2008 – dove un folto gruppo di ragazze decise di attuare una gravidanza collettiva – sulle sterminate spiagge di Lorient, una cittadina della Bretagna sull’Atlantico, dove le stesse filmmaker sono cresciute e dove scarseggiano stimoli e prospettive per tanti giovani pieni di energia, potenziale e voglia di vivere.
“Abbiamo letto su Libération la notizia che alcune ragazze che frequentavano la stessa scuola, in USA, avevano deciso di rimanere incinte tutte insieme contemporaneamente – spiega Muriel – ed abbiamo pensato che questo sarebbe potuto accadere anche a Lorient, dove le condizioni socio-economiche sono decadute, con lo svanire delle speranze degli anni Cinquanta, la chiusura delle fabbriche e la crisi del porto e dell’arsenale. Genitori, insegnanti ed istituzioni non hanno trovato il modo di offrire uno sbocco alle giovani generazioni, il cui futuro è segnato: diploma, lavoro, matrimonio e figli. Ma le protagoniste del film sono pronte a capovolgere quest’ordine, vogliono tutto e in una volta sola”.
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Così, come in tutte le storie che si rispettino, anche in quelle vere, c’è una ragazza da cui tutto ha origine e che rimane incinta, Camille: decidendo di tenere il bambino e di non nasconderlo, anzi di mostrare orgogliosamente la sua gravidanza in classe e in paese, la ragazza diviene simbolo e manifesto di una trasgressione collettiva, che cerca nell’amicizia delle coetanee comprensione e sostegno, laddove i genitori e le altre figure adulte di riferimento vengono sentite lontanissime dalle proprie aspirazioni, sogni, modi di pensare. La madre di Camille, infatti, una single egoista e poco accudente verso i figli, è sempre fuori casa, ma dà in escandescenze alla notizia della gravidanza. Le amiche, allora, fanno un patto di sangue, del genere ‘più siamo, più forti diventiamo’, ed iniziano a sedurre ragazzi ovunque possono, sperando in futuro di crescere i loro neonati insieme, in un appartamento/microcosmo senza genitori né regole, una sorta di ‘comune’ del 21° secolo.
Ma la realtà, come spesso accade, si rivelerà più cruda ed imprevedibile degli ideali giovanili e la stagione delle maternità, una primavera in cui milioni di coccinelle vengono spinte dal vento sulla spiaggia, si conclude con una sorta di deus ex-machina: la sparizione di un fascinoso personaggio-chiave che rimane avvolto nel mistero. “Gli adulti del film sono sconvolti e impotenti di fronte al crescente ed eccessivo numero di gravidanze nella scuola – continua Muriel – e cercano di bloccare le ragazze, di allontanare Camille, ma non ci sono mezzi per contenere questa esplosione di potenza ed energia, le ragazze sono forti e decise, creano quasi una microsocietà all’interno della società. Per finire il film abbiamo scelto l’espediente della figura carismatica che scompare all’improvviso, perché tutti abbiamo avuto amici così.
Queste ragazze scelgono una strada diversa, di rottura con le convenzioni, ma il film, specialmente nel finale, avverte che la gravidanza non è la strada giusta ma che gli adulti, dal canto loro, devono offrire altri strumenti”. Dunque la gravidanza come atto di ribellione: siamo dunque così lontani dagli anni Settanta, quando la ribellione consisteva nel lottare per la legge sull’aborto? Forse, o forse non tanto, se pensiamo che il film è stato vietato, solo nel nostro Paese, ai minori di 14 anni per gli elementi di “estrema trasgressione” che vi sarebbero presenti (spinelli, guida e gravidanza ‘spericolata’), e che per questo non potrà essere proiettato nelle fasce protette.
“Crediamo che il film non sia stato ben capito – commentano le registe – e ci sembra strano che questa censura sia avvenuta in un Paese in cui il Presidente del Consiglio si è fatto ‘regalare’ una minorenne per il compleanno; è chiaro che c’è sempre una responsabilità nel parlare di questi argomenti ma accusarci di ‘apologia della gravidanza collettiva’ ci è sembrato davvero assurdo. Nello scrivere la sceneggiatura, al contrario, siamo sempre state molto attente: abbiamo rimarcato che quella di vivere tutti insieme è un’utopia ed abbiamo scelto un finale non troppo positivo, per non creare miti o emulazioni in questo senso, ma neppure volevamo finire in modo troppo negativo, perché comunque nascono dei bambini e perché la vitalità delle adolescenti è incontenibile. La frase finale del film lo dice: on peut rien contre une fille qui rêve”.
Premio Speciale della Giuria al 29° Torino Film Festival (ex-aequo) e prodotto da Denis Freyd, il produttore dei fratelli Dardenne, il film si appoggia ai corpi flessuosi ed ai dolci volti di attrici giovanissime, fra cui Louise Grinberg (La classe), Roxane Duran (Il nastro bianco) e Esther Garrel (L’Apollonide – Souvenirs de la Maison Close).
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