Come ogni anno da undici anni a questa parte, il RIFF – Rome Independent Film Festival, diretto da Fabrizio Ferrari, porta nella capitale opere che gettano uno sguardo su tematiche di grande interesse eppure scarsamente esplorate. “Combat girls” (Kriegerin, ovvero “guerriere” in tedesco) è uno di questi film: il giovane regista David Wnendt indaga l’oscuro mondo dei movimenti neonazisti, che attecchiscono – sembra – soprattutto nell’ex Germania dell’est, proprio dove lo scontro micidiale tra opposte ideologie (e speculari totalitarismi) ha lasciato le macerie più ingombranti del ‘900.

Dopo un accurato lavoro di ricerca, con numerose interviste e colloqui con gli esponenti di questo infausto revival, Wnendt ha messo in scena un affresco tanto più scabroso in quanto tra i protagonisti di questa “German History X” sono ragazzi: la ventenne Marisa, la quindicenne Svenja e il giovanissimo Rasul, un profugo afgano il cui passaggio in territori sconvolti dall’alienazione post-capitalista – per lui che proviene invece da una terra devastata da interminabili guerre – lascerà un segno indelebile in coscienze acerbe ma non del tutto anestetizzate.

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A parte qualche lieve incongruenza di sceneggiatura, il film è davvero ben costruito, in particolare per quanto riguarda il disegno dei personaggi. Si staglia su tutti quello di Marisa, interpretato dall’ottima Alina Levshin – attrice forse non a caso di origini ucraine – ma in generale colpisce il lavoro sugli attori e la definizione del contesto: qui la famiglia, nucleo primario della società, ha responsabilità enormi, sia dirette (il nonno di Marisa che l’ha cresciuta a pane e nostalgia…) che indirette (il patrigno di Svenja dai metodi educativi ottusamente autoritari). L’unico spiraglio che Wnendt lascia alla speranza di sradicare la malapianta del nazismo è nella umanità che continua ad affiorare malgrado l’incessante lavorìo degli imprenditori del razzismo, e che permette di riconoscere l’Altro come proprio fratello anche contro la comunità di appartenenza: è ciò che accade all’eroina della storia, e che ci fa amare questo piccolo grande film.

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