«Il Mali era da almeno vent’anni uno dei Paesi più democratici e stabili dell’Africa occidentale». Ma il golpe e la rivolta armata degli ultimi mesi stanno provocando una gravissima crisi dei diritti umani, secondo quanto riporta anche il rapporto di Amnesty International. Balkissa Maiga, l’attrice maliana che ha condotto con successo l’edizione 2012 del Francofilm Festival, non si rassegna. «E’ grave quello che è successo. I soldati della guarnigione di Kati hanno attaccato il palazzo presidenziale e deposto il presidente Amadou Toumani Tourè. In questo momento c’è una grande confusione».

Ne hanno approfittato i tuareg separatisti del Nord del Paese alleati con Al-Qaida, che sono riusciti a conquistare anche la perla dell’Unesco Timbuctu. «Gheddafi è morto, ma non è ancora morto. Ci ha lasciato una pesante eredità nel deserto. I ribelli schierati con l’ex dittatore libico stanno combattendo con armi pesanti».

Mali, Paese di grandi contraddizioni, insomma.

«Sì, abbiamo appena avuto un primo ministro donna [cose che neanche in Italia…], però le ragazze dei villaggi non vanno a scuola. Si sposano a 12, 13 anni. Il nuovo codice di famiglia è squilibrato».

Lei, però, è un’attrice bella ed emancipata. Ce l’ha fatta.

«La mia passione per il teatro è nata presto, nel 2003, quando facevo ancora il liceo nella capitale Bamako. Ma è stato difficile. Mia mamma è sempre stata al mio fianco. Mio papà e mio nonno, invece, non mi hanno più parlato perché il mondo dello spettacolo è visto male nel mio paese» [il Mali ha 15 milioni di abitanti, l’80% musulmani].

Poi?

«Poi, però, i rapporti sono migliorati quando ho cominciato a lavorare e a guadagnare. Vedendomi in tivù o nei cartelloni pubblicitari dicevano orgogliosi: “Questa è mia figlia”, “Questa è mia nipote”».

Lei ha recitato nell’Antigone di Bertold Brecht a Losanna, in sketch comici della tv di stato del Mali e anche nei fotoromanzi per la rivista femminile MUSOW. In quale ruolo si trova più a suo agio? Nell’eroina che combatte contro il tiranno o nella diva da fotoromanzo?

«Nell’eroina impegnata nel sociale. Antigone».

Cos’è la cultura per lei?

«È la mia casa. È il posto in cui ho trovato la vera libertà. In passato scrivevo dei reportage per alcuni giornali locali, ma mi imponevano dei tagli per motivi politici. Solo nella cultura ho trovato la vera libertà».

Tornerà in Mali?

«Certo. Almeno una volta all’anno ci torno sempre. C’è ancora molto da fare lì».

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