Leviamoci il pensiero e diciamo subito che era davvero difficile, se non impossibile, realizzare qualcosa di meglio de Il cavaliere oscuro (più di un miliardo di dollari di incasso in tutto il mondo, rimasto per tre anni il film di supereroi di maggiore successo), che resta la pellicola della trilogia nolaniana più riuscita. Ora possiamo dirlo con assoluta certezza. Sono passati otto anni da quando Batman è svanito nella notte, trasformandosi da eroe a fuggiasco. Prendendosi la colpa della morte del procuratore distrettuale Harvey Dent, il cavaliere oscuro ha sacrificato tutto per ciò che egli stesso e il Commissario Gordon speravano fosse un bene superiore. Per un po’ di tempo la bugia ha funzionato e l’attività criminale a Gotham City è stata schiacciata dal peso di una legge anti crimine chiamata Dent Act. Ma le cose stanno per cambiare, lo conferma l’arrivo di un’astuta e conturbante ladra (Anne Hathaway) con un misterioso piano in mente. Adesso a minacciare Gotham e i suoi cittadini ci pensa il perfido Bane (Tom Hardy), un terrorista mascherato i cui spietati piani porteranno Bruce Wayne ad uscire dal suo esilio auto-imposto e a indossare di nuovo maschera e mantello.

Ci mette molto del suo, Christopher Nolan, che ha scritto la sceneggiatura insieme con il fratello Jonathan e David S. Goyer. Il regista inglese così, mentre prende spunto dai suoi lavori precedenti (Inception su tutti), confeziona un blockbuster supereroistico in cui c’è davvero poco da ridere e dove il protagonista è assente dallo schermo per una buona metà del film.

Il cavaliere oscuro – Il ritorno è di certo il Bat-movie in cui l’uomo mascherato appare meno che mai. Ambientato in una Gotham City/Manhattan divorata dalla corruzione e dalla violenza, il film di Nolan riprende quanto seminato in Batman Begins e ne Il cavaliere oscuro, dando un seguito ad ogni azione compiuta da Bruce Wayne e dal suo alter ego nelle pellicole precedenti, caricando le conseguenze delle scelte fatte fino ad ora con una forte componente drammatica, vero motore di questo atto conclusivo.

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Un incipit da manuale, con un inseguimento tra i cieli alla James Bond, numerose scene di massa per cui sono state utilizzate oltre diecimila comparse (Hollywood non le vedeva dai tempi di Ben Hur) pur di non cadere nel sovrautilizzo della Computer Graphic in favore di effetti speciali analogici e non digitali e, fortunatamente, niente 3D. E Nolan che si è divertito a plasmare il caos come un demiurgo della celluloide, con una facilità sempre più disarmante. Pochi altri blockbuster riescono a scavare così tanto nell’intimo dei personaggi, sia principali che non, mentre le inquadrature, i costumi, le scenografie ed ogni altro aspetto estetico dimostrano di possedere quel qualcosa in più. Lo stesso si può dire delle sequenze realizzate con le telecamere IMAX (circa un terzo del film, 72 minuti, è stato girato in IMAX nativo), quelle in cui l’azione regna sovrana, che fanno da contraltare ai momenti più intimi e cupi e danno vita a un efficace contrasto metaforico di luci ed ombre.

Poi c’è il cast, stellare davvero, dal Bale/Wayne/Batman al fedele maggiordomo Alfred interpretato da Michael Caine (che questa volta si supera). Ma anche Morgan Freeman, geniale CEO della Wayne Enterprise Lucius Fox, la sexy Anne Hathaway nella fasciante tutina di Selina Kyle/Catwoman, il commissario Gordon, alias Gary Oldman, il villain di turno Bane, che ha le fattezze e la massa di Tom Hardy e tantissimi altri volti noti (Marion Cotillard è Miranda Tate, membro del consiglio di amministrazione della Wayne Enterprises, Joseph Gordon-Levitt è John Blake, un poliziotto di quartiere di Gotham City particolrmente sveglio, e ancora Liam Neeson, Cillian Murphy e Matthew Modine).

E ora veniamo alle note dolenti, perché Il cavaliere oscuro – Il ritorno è lungi dall’essere un film perfetto. A cominciare dalla lunghezza esagerata e non giustificata e da alcuni buchi nella sceneggiatura (che diventano delle vere e proprie voragini, se consideriamo che al timone non c’è un registucolo qualunque alle prime armi), tra oggetti che rispuntano fuori all’improvviso come dal cilindro di un mago e viaggi lunghissimi compiuti dai personaggi in una manciata di minuti. Altro appunto negativo: il doppiaggio italiano. Va bene, lo sappiamo che quando Bruce Wayne indossa il costume di Batman è costretto a falsare la voce e ad arrochirla per evitare che la sua identità venga svelata, ma in italiano questo arrochimento è davvero eccessivo.

Ed è andato a colpire non solo il protagonista, che almeno un po’ è giustificabile (la voce di Wayne/Batman è di Claudio Santamaria), ma anche il cattivo Bane, doppiato da Filippo Timi. Certo, anche Bane ha i suoi problemi, una maschera attraverso la quale respira ed emette la voce ma quando, in alcune scene, si trova a dialogare con Batman, il ridicolo ha la meglio sulla tensione narrativa e fa crollare il sontuoso e stupefacente castello di carte in cui i due si muovono . A Christopher Nolan bisogna però riconoscere il merito di aver creato un universo parallelo “altro” rispetto a quello in cui eravamo abituati a vedere Batman e i suoi compagni di (dis)avventure muoversi, e di aver mirato a un obiettivo talmente lontano che solo il concepirlo risultava difficile. Invece oggi, quel mondo, è entrato a far parte del nostro immaginario.

[Thanks to Movielicious!]

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