Ormai i mezzi di informazione ci raccontano tutto, ci assediano con la ripetitività instancabile della cronaca. Al cinema resta il compito di approfondire, interpretare, dare un senso.

Marco Bellocchio

Bellocchio e l’eutanasia. Un connubio difficile e a tinte forti.

In gioco ci sono scelte difficili, scelte di vita, usando il gioco di parole, alle quali difficile è dare una risposta ben definita. La domanda è sempre la stessa, se sia giusto accanirsi per mantenere attive le funzioni biologiche che senza l’ausilio di una macchina non ci sarebbero e nello stesso tempo se sia giusto scegliere per la vita degli altri. L’Italia continua a ignorare queste problematiche ma siamo noi stessi a non saperci collocare in questa problematica e quindi si sceglie la via dell’ignoranza.  Intesa propria come ignorare. La maggior parte degli italiani ha già dimenticato i fatti di Udine del 2009, lo scandalo parlamentare, le dichiarazioni del premier.

Bellocchio ce le fa rivivere con Bella addormentata, il suo nuovo film, forse il migliore della sua produzione, presentato pochi giorni fa in Concorso a Venezia 69 e sugli schermi dal 6 settembre.

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E’ un film che richiama i fatti reali su Eluana Englaro (scene di repertorio, filmati televisivi) senza quasi parlare di Eluana. Si narrano invece altri fatti, altre tragedie personali: un senatore di Forza Italia (Toni Servillo), vedovo e con una tragica coincidenza con la storia Englaro, si reca a Roma per votare sulla legge dei malati terminali ma non vuole votare come il suo partito comanda (o meglio come gli dice il suo amico/compagno di partito “come il Vaticano comanda”); la figlia invece, interpretata da Alba Rohrwacher, è un’attivista religiosa in pellegrinaggio a Udine, davanti alla clinica dove è stata portata Eluana ed incontra un giovane (Michele Riondino) che accompagna il fratello instabile, entrambi sostenitori dello schieramento contrario.

E poi c’è una splendida ex-attrice votata al sacrificio e al miracolo (Isabelle Huppert) per vegliare la giovane figlia in coma, “bella addormentata”, trascurando il figlio minore (Brenno Placido) e compromettendo decisamente il rapporto con il marito (Gian Marco Tognazzi). Ma vera e significativa “bella addormentata” è anche Maya Sansa nei panni di Rossa, una tossicodipendente con istinti suicidi, ignorata da tutto il personale dell’ospedale tranne che da un medico (presumibilmente ateo, come si intuisce da alcune scene significative), Piergiorgio Bellocchio, che la assiste e la cura in mezzo al cinismo dei colleghi che, mentre condannano la decisione presa per Eluana, ignorano la vera sofferenza che aleggia intorno a loro.

Un cast eccezionale per una pellicola che, ancora una volta, si rivela un feroce attacco alla politica, alla religione ed ai media. Le polemiche, iniziate mesi fa, proseguiranno incalzanti. Paradossalmente, Bellocchio ci ha invece regalato un inno alla vita in chiave laica, un invito al risveglio delle coscienze, dei sentimenti e, in alcuni casi, della consapevolezza. Il titolo va inteso come riferimento alla bellezza eterna ed interiore ma, almeno in una delle tre storie,  la favola si avvera.

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