Le statue parlano, in particolare quella di Garibaldi, il Comandante per antonomasia. Le cicogne volano per i cieli di città italiane volutamente imprecisate, fra le quali si riconosce Torino, e fino ai rifugi delle montagne svizzere. Nonostante alcune interessanti idee di fondo ed il tentativo di caratterizzare in modo originale certi personaggi, taluni più riusciti – come quello interpretato da Giuseppe Battiston, Amanzio, ispirato ad un cugino un po’ matto della co-sceneggiatrice preferita da Soldini, Doriana Leondeff, di origine bulgara – talaltri così forzatamente eccentrici da risultare stucchevoli, l’ultimo film di Silvio Soldini, Il Comandante e la Cicogna, non apporta novità di rilievo al panorama del cinema italiano, riproducendo dispositivi e schemi già visti, punteggiati da un vago, a tratti saccente, moralismo.
Non che le statue non dicano la verità sul malcostume italiano, la corruzione dei politici e la disfatta nazionale dell’etica, ma tutto è troppo ‘dichiarato’; mentre Garibaldi si bisticcia col monumento di Ciarrapico (‘quante persone più autorevoli meriterebbero una statua in questo Paese…’, sentenzia il Comandante) ed il busto di Leopardi cita malinconici versi, la vita dei protagonisti è destinata ad imprevedibili/prevedibili incroci, e si snoda sotto il sole di un’affannata quotidianità, tra artisti squattrinati con affitti da pagare (Alba Rorhwacher), avvocati di specchiata immoralità (Luca Zingaretti) pronti a truffare chiunque per scagionare gli amici mafiosi, un ingenuo idraulico (Valerio Mastandrea) alle prese con figli adolescenti e con la moglie morta (Claudia Gerini, colpita dal remo di un pattino, ogni notte compare nel salotto di casa e sniffa caffè); figli adolescenti alle prese con le proprie crisi di crescita e con genitori sull’orlo di crisi di nervi; lavoratori stranieri, ormai romanizzati, ma ancora in cerca d’identità.
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“Dopo due film più seri – afferma il regista – ho cercato di ritrovare un po’ di leggerezza ed ironia. Volevo dire qualcosa sulla situazione del momento in un modo più diretto, e l’idea delle statue mi è venuta sul treno. Invece la cicogna dà uno sguardo al film dall’alto: volevo volare al di sopra di tutto con poesia ed ironia, mentre sotto si dipana ogni tipo di vicenda. Ho scelto di non definire la città dove si svolge la storia e di utilizzare piazze e città immaginarie in cui ho posizionato le statue dove mi veniva comodo, anche per le difficoltà di girare le scene con le statue che dialogano tra loro. Fra i protagonisti ci sono sia personaggi sì equivoci, come l’avvocato, ma sia persone pure, portatrici di quei valori che si vanno perdendo”.
Le voci delle statue sono affidate a Pierfrancesco Favino (Garibaldi), Gigio Alberti (Cazzaniga), Neri Marcoré (Giacomo Leopardi e Leonardo Da Vinci) e tutto il cast merita da solo, per impegno, professionalità ed abilità nell’apprendere un mélange di lingue e dialetti italiani attestanti le diverse provenienze dei protagonisti, che il film venga visto, senza nutrire però le aspettative di commedia ispirata come altre firmate da Soldini nel recente passato.
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