Cinquecento e rotte pagine per un romanzo denso e coinvolgente, universalmente riconosciuto come uno dei capolavori della letteratura mondiale,. Uno dei libri preferiti in assoluto da chi sta scrivendo che, a vederlo adattato per lo schermo così a tirar via, ha avuto un attimo di disorientamento, chiamiamolo così. La trasposizione libro-film è un processo sempre complicato, dovrebbe saperlo bene lo sceneggiatore di questo Grandi speranze, David Nicholls, autore egli stesso di un gran bel romanzo (One Day) divenuto film, decisamente più riuscito sulle pagine che non sullo schermo.
Dopo aver reso la sua stessa opera semplicistica e banale e averne fatto un film con Anne Hathaway, Nicholls ritenta il colpaccio, questa volta con un romanzo di Dickens tra le mani, e che romanzo! L’occasione questa volta (il bicentenario della nascita dello scrittore inglese) è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, così il regista Mike Newell (celebre più che altro per aver diretto Quattro matrimoni e un funerale e Harry Potter e il calice di fuoco), si è accaparrato la regia del progetto.
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La storia, arcinota, è quella di Philip Pirrip detto Pip, interpretato da Jeremy Irvine (War Horse), giovane orfano che vive con la sorella e viene chiamato da una stravagente signora, Miss Havisham (Helen Bonham Carter) per tenere compagnia alla sua figlia adottiva Estella (Holliday Grainger). Attraverso una serie di eventi straordinari (tra cui l’incontro con Magwitch, un forzato evaso di prigione interpretato da Ralph Fiennes), Pip riesce ad elevarsi a una condizione sociale superiore, affrancandosi così dalle proprie origini. Solo in seguito imparerà ad apprezzare quel mondo umile che aveva lasciato per inseguire le sue “grandi speranze”.
Un buco nell’acqua, su più fronti. Partiamo dal presupposto che Charles Dickens è uno dei pochissimi autori in grado di dar vita a una miriade di personaggi ed è sempre riuscito a farli muovere, tutti e con coerenza, all’interno del contesto narrativo di turno. Chi ha letto i suoi libri sa benissimo che la forza della sua opera risiede soprattutto nell’indole da caricaturista con cui era solito descrivere i personaggi delle storie che narrava , tanto da essere il primo a prenderli in giro e a plasmarli attraverso uno sguardo pungente e satirico.
Ebbene di tutto questo non c’è traccia nell’adattamento di Grandi speranze di Newell, che sembra aver sfogliato le pagine del libro all’impazzata soffermandosi solo sugli snodi narrativi cardine, senza tuttavia riuscire a valorizzare neanche quelli. Se alcune caratteristiche del romanzo come il rovinoso classismo in voga nella società inglese della seconda metà dell’Ottocento e il tocco gotico presente qui nelle ambientazioni e nei costumi, vengono mantenuti, il lavoro fatto dal cast (ad eccezione di Ralph Fiennes) non riesce a smussare gli angoli di un film che sembra fagocitare se stesso e accompagnare lo spettatore ad una conclusione fin troppo spicciola e sbrigativa, affiancata dalla certezza di aver perso qualche pezzo per strada.
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