Paradossale come Vita di Pi renda (iper)realisticamente, sul grande schermo, la profondità degli abissi marini, grazie al suo fantastico 3D, davvero avanguardistico come quello di un altro, ben più interessante e riuscito, film tecnofilo, Avatar di James Cameron, ma allo stesso tempo risulti così piatto, a livello di contenuti, per la sua mancanza di riferimenti metacinematografici e di aderenza/rielaborazione/superamento rispetto alle regole del cinema di (qualsiasi) genere. Narrazione arrogante e presuntuosa, nell’idiozia inconsapevole del susseguirsi elementare di prove da superare sempre più difficili, da videogame naif anni Ottanta, Vita di Pi non deluderà gli amanti del kitsch e dei bei paesaggi, né i fan del leccato e accademico Ang Lee, che qui sopperisce alla banalità del menzognero racconto di formazione in flashback con lo splendore della fotografia e la luccicanza di colori più veri del vero.

A chi ha ironizzato su The Tree of Life paragonandone le immagini a quelle del National Geographic bisognerebbe imporre una “cura Lodovico” a base di numerose inquadrature estetizzanti di bestie di ogni razza, come quelle dell’incipit di Vita di Pi. Un procedimento necessario, per imparare a distinguere il cinema vero dai manierismi midcult. Ma confrontare il genio solitario di Terrence Malick con l’astuto mestiere di Lee è fuori luogo, probabilmente. Infatti, tanto Malick segue un percorso isolato e impervio, parallelo al cinema mainstream statunitense, con cui non si incontra mai, quanto Lee è così sorprendentemente adattabile ad ogni esigenza convenzionale di spettacolarità, impegno civile politically correct, buoni sentimenti, maturata dal sistema hollywoodiano.

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L’insistita spettacolarità fine a se stessa di Vita di Pi, però, perlomeno consentirà ai critici di evitare di cimentarsi in insensate interpretazioni e letture contenutistiche o tematiche del film, la cui visione in 2D sarebbe, comunque, priva di senso. Ma non permetterà di ignorare il confronto con un’opera che, nonostante i suoi difetti di sceneggiatura e la sua regia poco creativa, va vista, e sul grande schermo, come show bigger than life, americanata del momento, perfetto esempio di cattivo gusto da parvenu.

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