Il tema del “doppio” rappresenta l’essenza primaria di ogni racconto mitologico in quanto l’eroe si trova combattuto nella duplice manifestazione della sua natura, quella terrena e quella sovrumana. Nella fattispecie, Iron Man 3, diretto da Shane Black (Kiss Kiss Bang Bang), vive i suoi momenti migliori nell’esternazione delle debolezze fisiche e psicologiche del protagonista: nel ménage con Pepper (Gwyneth Paltrow), una super-compagna sempre più disinvolta; nell’insicurezza di riuscire nella sua missione, il che gli procurerà un grave stato d’ansia, svariati incubi notturni e frequenti attacchi di panico; nel rapporto con la sua armatura, un’ormai seconda pelle, una sorta di coscienza aggiuntiva, un alter ego ipertecnologico e senziente.
Il film, seguito del secondo episodio di Iron Man e del crossover The Avengers, è tratto da due graphic novel che ne hanno ispirato la sceneggiatura, scritta da Drew Pearce e dallo stesso regista. La prima, più vecchia, riguarda il Mandarino, qui interpretato dall’istrionico Ben Kingsley (Schindler’s List, Gandhi, Hugo Cabret…) il quale, avrebbe fatto impallidire lo stesso Bin Laden; la seconda è una storia più recente intitolata Extremis, una saga in sei splendidi album a fumetti pubblicati dalla Marvel Comics tra il 2005 e il 2006 che fornisce il filo conduttore alla pellicola in esame.
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Il potenziamento biologico degli esseri umani e la realizzazione di individui superdotati e inclini al male costituisce la difficoltà prioritaria di Tony Stark, alias Iron Man (Robert Downey Jr.), il quale, seppur impegnato a migliorare la velocità di risposta della propria armatura agli impulsi nervosi, sarà costretto a misurarsi con un antagonista assolutamente risoluto a diffondere il terrore sul pianeta attraverso la creazione di un gruppo di ex militari “potenziati” per mezzo di un tecnovirus detto appunto “Extremis”. Stavolta, dunque, il nostro inossidabile beniamino dovrà affrontare la minaccia dell’ingegneria genetica e dell’eversione, ma anche i fantasmi oltremodo inquietanti del suo passato, intraprendendo un durissimo viaggio fuori e dentro se stesso. Se riuscirà a sopravvivere sarà solo grazie ai suoi dispositivi, al suo ingegno, e al coraggio che metterà in campo per proteggere il proprio Paese, le persone che stima e che ama.
Aldrich Killman, ben caratterizzato da Guy Pearce (The Hurt Locker, Il discorso del re, Prometheus…) è lo scienziato che anche grazie al contributo scientifico della giovane genetista Maya Hansen (Rebecca Hall, avvenente interprete di Vicky Cristina Barcelona e The Prestige), una vecchia fiamma di Tony Stark, ha modificato l’organismo di alcuni soldati rendendoli semi-indistruttibili, e li sta impiegando come un’arma micidiale per destabilizzare l’ordine mondiale.
Il ventaglio dei personaggi è arricchito pure dalla presenza di Rhodey (Don Cheadle, protagonista di Hotel Rwanda e Crash), l’aiutante del protagonista fornito di una nuova armatura patriottica, e di Happy Hogan (Jon Favreau, produttore della saga e regista dei primi due film dedicati al supereroe metallizzato), già autista personale – e amico – di Tony Stark, ora a capo della sicurezza delle Stark Industries. Non manca, inoltre, Stan Lee, il mitico disegnatore della Marvel, in uno dei suoi classici cameo.
Gli ingredienti che caratterizzano questo vivace intrattenimento, giunto forse al capitolo conclusivo (?), sono i soliti, tuttavia efficaci: effetti visivi, location e scenografie di grande impatto; una sceneggiatura imprevedibile, una strana ambientazione natalizia (un omaggio a Dickens?), un ritmo incalzante; alcune sequenze mozzafiato come quella sull’Air Force One, l’aereo del Presidente USA in un’irreversibile picchiata, o la scena della distruzione della residenza di Malibu; un cast assortito e convincente in cui spiccano dei malvagi decisamente attraenti, le simpatiche guasconate di un Robert Downey Jr. (Sherlock Holmes, Charlot, Zodiac…) sempre più a suo agio nei panni di personaggi ironici ed eccentrici, e last but not least lo scenario, quantunque ricorrente nella cinematografia dell’ultimo ventennio, del terrorismo di matrice islamica, spesso evocato con la patina polverosa di alcune riprese volutamente concitate, e “mosse”, per conferire la sensazione del reportage dal teatro di guerra mediorientale.
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