Appena uscito da un forte esaurimento nervoso, il ventiduenne Niccolò decide insieme a Viola, la sua più cara amica, di andare a vedere un film thriller, genere di cui Niccolò è appassionato. Insieme ad altri quattro amici (la bella Ambra, il figlio-di-papà Valerio, lo spiritoso Mattia e la radical chic Clelia), si incontrano nel più grande Multiplex della città. Raggiunto il gigantesco complesso, sul quale circolano varie sinistre leggende metropolitane, i ragazzi si imbattono nella Guardia del cinema, un uomo dalla maniacalità estrema, che considera sua missione mantenere l’ordine all’interno del multisala. Dopo aver assistito al violento film, il gruppo decide, per gioco e per sfida nei confronti della Guardia, di passare la notte nel cinema, nascondendosi all’interno di esso dopo l’ermetica chiusura della struttura. Così i sei rimangono volontariamente intrappolati nel Multiplex assieme all’ambigua Guardia, il quale però nasconde un macabro segreto.

“State per vedere il film più brutto della vostra vita: buona visione”. Accidentalmente le parole di Federico Palmieri che interpreta la guardia del Multiplex, si rivelano profetiche.

Esistono film orridi con una propria dignità. Film consapevoli del proprio squallore, dei propri limiti, della propria carenza di mezzi ed idee che meritano perlomeno l’onore delle armi e che possono assurgere con il tempo al So Bad So Good (“tanto brutto da essere bello”). MultipleX, distribuito da Poker Entertainment, non rientra in questa categoria per sua e nostra sfortuna.

Si rimane basiti sin dai primissimi minuti per la totale, assoluta, legnosità degli attori – Laura Adriani, Lavinia Guglielman, Gabriele Mira Rossi, Jacopo Troiani, Giulia Morgani, Tiziano Mariani, e Francesca Romana Verzaro – incapaci di esprimere reazioni emotive adeguate alla situazione che si delinea o anche solo di ripetere le battute con una vaga naturalezza. Si rimane increduli innanzi alla loro capacità recitativa che definire amatoriale sarebbe un ingiusto complimento. Gli archetipi presentati sono improbabili, irritanti senza un minimo di luce, di originalità, di riscatto: in particolar modo Federico Palmieri che dovrebbe interpretare un guardiano notturno psicotico ed inquietante (il condizionale è d’obbligo) ci offre uno dei villain peggio interpretati nei film di serie z .

La fotografia, già scadente, viene uccisa (quella si, vera vittima assieme allo spettatore inerme) da una gestione delle luci assolutamente inadeguata per un film che si dichiara thriller d’atmosfera. Solo il soundtrack di Simonetti, giustamente tornato alle origini, offre un motivo di lode in questo prodotto raffazzonato e di certo umiliante per il cinema nostrano. La struttura narrativa è nel migliore dei casi traballante, gli inseguimenti (punto focale almeno in in teoria) non hanno ritmo, coerenza, tempistica, gli assassinii gestiti in modo raffazzonato e senza logica, senza interesse e quasi senza sangue e il finale tanto telefonato dalle prime scene quanto tirato via.

Se si trattasse di un omaggio malpensato, malsviluppato, malgestito ma sincero degli slasher americani à la Halloween e Venerdì 13, se il riferimento metacinematograficò fosse stato più elaborato (il “Demoni” al quale in qualche modo si ispira offrì assai di più e assai meglio), se la location ed il concept originale, di certo intriganti, fossero stati sfruttati meglio, se i dialoghi non sembrassero usciti dalla penna di uno studente amante di Tarantino al primo giorno del corso di sceneggiatura, se vi fosse una prostrata modestia nella presentazione di questi ottantaquattro infiniti minuti di sciatteria potremmo avere un attimo di umana comprensione, persino di commozione per il regista ma le sue affermazioni risibilmente pseudopsicologiche sulle motivazioni della follia omicida non ci permettono di provare altro che irritazione per il tempo buttato in sala.

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