Mangiar bene è uno dei piaceri della vita. Lo sanno assai bene le donne che spesso usano la loro arte culinaria per conquistare un uomo o per consolidare il rapporto con il partner. È proprio ciò che sta sperimentando Ila (la splendida Nimrat Kaur) per riavvicinare il marito, che negli ultimi tempi si dimostra un po’ freddo e distante. Nella sconfinata metropoli di Mumbai la giovane casalinga, madre di una bambina dolcissima, confortata dai preziosi consigli della zia – la cui presenza nel film si limita alla voce – che abita al piano superiore di un edificio nel quartiere borghese di Kandivili, invia quotidianamente al proprio sposo un ben fornito portavivande – quel Lunchbox che fornisce il titolo alla storia di cui ci occupiamo – da svuotare in ufficio durante la pausa pranzo.
La consegna del succulento fardello avviene per mezzo dei dabbawallahs (lett. trasportatori di gavette) i quali attraversano in lungo e in largo la caotica capitale economica dell’India, con ogni mezzo e in ogni tempo, per trasportare in centro città qualcosa come 200.000 pasti caldi preparati da mani amorevoli e familiari, e non solo. Questo servizio, che funziona a Mumbai da circa 120 anni, costa alle famiglie poche rupie, ma garantisce una precisione e una puntualità tale che ha destato il vivo interesse di alcune note università anglo-americane sorprese dall’efficienza di un sistema quasi perfetto: è stato difatti calcolato che la percentuale di errore nelle consegne si aggirerebbe solo a un caso su un milione!
Sfortunatamente, però, i manicaretti colorati e speziati che Ila si ingegna a realizzare per il proprio compagno finiscono altrove, a soddisfare il palato di Saajan Fernandes (Irrfan Khan, l’attore indiano più noto in Occidente per le sue performance in Vita di Pi, Il destino nel nome, The Millionaire, The Amazing Spider Man…), un maturo impiegato di una grande azienda in procinto di andare in pensione e di lasciare la propria scrivania a Shaikh (il bravissimo Nawazuddin Siddiqui), giovane e orfano, piuttosto intraprendente, ma contabile inesperto.
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Emittente e destinatario (ovvero, Ila e Saajan) si accorgono presto dello scambio avvenuto, ma non si affrettano a ripristinare l’ordine delle cose, visto che nel frattempo hanno iniziato un fitto rapporto epistolare attraverso dei foglietti affidati al portapranzo d’acciaio inox. Così, per un certo periodo, il chapati e il paneer, le melanzane e il dhal di legumi, il riso pilav e le verdure piccanti impregnano di gradevoli aromi quei biglietti che raccontano la semplice vita giornaliera e, nel contempo, quella interiore di due individui che sognano un’esistenza migliore, magari in un tranquillo paesino sulle colline fuori Mumbai, oppure nell’incantato regno del Bhutan, uno stato per tre quarti buddista, situato sotto al Tibet, nel versante meridionale dell’Himalaya, in cui “ogni rupia vale cinque volte di più”, e dove alloggia la pace e l’armonia.
Ma Ila, a cui morirà il padre, malato da tempo, ha scoperto l’infedeltà del marito, mentre Saajan ha trovato in Shaikh il balsamo che allevia la solitudine, forse il figlio che avrebbe desiderato (la moglie si era spenta diversi anni prima). Delusi dalle circostanze, entrambi hanno trovato l’umanità e la perduta intimità in quei messaggi divenuti giorno dopo giorno più necessari. La spannung della narrazione è, però, costituita dal tentativo – mal riuscito – di incontrarsi, e dalla successiva interruzione dello scambio epistolare attraverso il lunchbox. Nulla potrà tornare come prima. Perché, come recita il vivace Shaikh: “Qualche volta il treno sbagliato ti porta alla stazione giusta…”.
La felice metafora esplicita il significato dell’opera, diretta con garbo e perizia da Ritesh Batra, al debutto nel lungometraggio con Lunchbox, vincitore del Premio del Pubblico alla Settimana della Critica al Festival cinematografico di Cannes nel 2013. Anche in India, lo stesso pubblico che predilige i melensi melodrammi di Bollywood, cantati e ballati, ha saputo apprezzare questa vicenda che incoraggia a sperare, e a ricercare la felicità, magari lontano dall’alienazione delle metropoli, dalle case-torri, alveari brulicanti che impediscono la vista del cielo, dai treni che a migliaia, quotidianamente, trasportano milioni di persone in un moto incessante. In tale straniamento diventa complicato pure incontrarsi in un vecchio caffè a sorseggiare una bevanda e raccontarsi la storia della giornata appena trascorsa…
Con i toni tenui di una novella realistica e magica Lunchbox descrive l’India che cambia più rapidamente degli indiani, narrando, tuttavia, una storia di amicizia, di amore e di condivisione, in un intreccio che si dipana in un’atmosfera malinconica nella quale il tempo, il destino, e il caso, giocano un ruolo decisivo. La modernità ha imposto ritmi talmente frenetici che perfino nel continente indiano, luogo ideale e deputato delle filosofie e delle religioni, della meditazione e della lentezza, risultano dannosi per quella vasta parte d’umanità che si nutre ancora di sogni e di speranza.
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