Storia d'invernoA San Valentino, si sa, l’industria cinematografica fa di tutto per proporre titoli che attirino verso le sale coppie in cerca di una pellicola romantica da gustare. Quest’anno il ruolo di film di metà Febbraio è toccato a “Storia d’Inverno”.

Il film racconta la storia di Peter Lake, professionista del furto, che si trova a dover fare i conti con il suo ex capo Pearly Soames. Sin qui nulla di strano, senonché il nostro protagonista incontra sulla sua strada un cavallo bianco che lo conduce inspiegabilmente presso una villa a quanto pare disabitata e al furto perfetto. L’occasione è ghiotta e sarà galeotta per Peter, che invece di trovare la casa vuota come sperava si imbatte nella bella Beverly Penn, afflitta da una malattia incurabile. Tra i due scocca un’improvvisa scintilla destinata però ad essere avvrersata proprio da Pearly – che si rivela essere nientemeno che un demone sulla terra in cerca di miracoli d’amore da distruggere – e Peter si trova vagare nel tempo alla ricerca dell’amore perduto. O almeno così pensa.

Storia d’inverno rappresenta l’esordio alla regia di Akiva Goldsman, sceneggiatore di pellicole quali A Beautiful Mind, Cinderella Man, Io sono leggenda. Delle pellicole girate a partire dalla sue sceneggiature porta con sè alcuni attori – Russel Crowe e Will Smith – ma non purtroppo la capacità narrativa e l’abilità di imprigionare lo spettatore in una storia credibile e ben costruita.

La trama parte con un buon ritmo ed ottimi spunti, ma risulta poco convincente. Volendo raccontare un amore che nasce troppo in fretta per risultare credibile, si arena tra le spire del fantasy prima di riuscire a dimostrare perchè quel sentimento potrà resistere al tempo. I due protagonisti cadono uno nelle braccia dell’altro nel giro di poche pagine di sceneggiatura, senza avere avuto modo di dimostrare ad un pubblico perplesso la profondità della loro relazione. La trama ne risulta penalizzata e perde smalto man mano che passano i minuti senza riuscire a prendere la rincorsa necessaria per un finale degno di nota ed a nulla valgono l’irruzione nella New York degli anni ’30 di cavalli alati e demoni alla ricerca di miracoli da infrangere: la sceneggiatura perde di vista l’obiettivo e si trasforma in un passatempo visivo e nulla più. L’idea non sarebbe stata affatto male, ma non viene adeguatamente spiegata allo spettatore che non riesce così ad appropriarsi sino in fondo della vicenda. Non contribuiscono certamente alcune trovate narrative veramente poco plausibili.

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Quando si decide di mescolare generi diversi nel periodo di tempo limitato che offre il mezzo cinematografico si deve avere anche l’accortezza di prendersi il tempo necessario a spiegare ogni trovata, ogni intreccio in modo che il tutto risulti armonico. In questo caso invece c’è un forte squilibro tra la prima parte della pellicola che mette sul piatto svariati spunti interessanti e la seconda che si fa prendere dalla fretta di concludere dopo una veloce occhiata all’orologio. Il protagonista non riesce a confrontarsi come si deve con le sue motivazioni, il suo destino e soprattutto con il suo antagonista e corre via come se avesse fretta di perdere il treno.

Il cast, tuttavia, dà un’ottima prova di sè, rincorrendo la trama per l’intera durata del film. La prova migliore di tutte è quella di Russel Crowe, che trasuda diabolica vendetta da ogni poro nei panni del demone al servizio di Lucifero. Ottime anche le prove di Colin Farrell – alle prese con un taglio di capelli firmato Sweeney Tood – e di Jessica Brown Findlay (vista in Downton Abbey) talmente avvezza alle vesti storiche da risultare squisitamente autentica. Gustoso anche il cameo di Will Smith, anche se abbastanza fuori luogo nel contesto.

Peccato che Goldsman si sia rassegnato ancor prima di partire. Sarà per il prossimo San Valentino.

Colin Farrell e Jessica Brown Findlay
Colin Farrell e Jessica Brown Findlay

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