1810. Dopo il naufragio delle sue navi, un mercante caduto in disgrazia (André Dussolier) si rifugia in campagna con i suoi sei figli. Tra di loro c’è la più giovane Belle (Léa Seydoux). Durante un faticoso viaggio, il mercante scopre il regno magico della Bestia (Vincent Cassel) , il quale lo condannerà a morte per avergli rubato una rosa, destinata proprio a Belle. Sentendosi responsabile della terribile sorte che si abbatte sulla sua famiglia, Belle decide si sacrificarsi al posto del padre. Al castello della Bestia, però, non è la morte che attende Belle, bensì una vita dolorosa, dove si uniscono momenti di magia, allegria e malinconia.
Ogni sera, all’ora di cena, Belle e la Bestia s’incontrano. Imparano a conoscersi come due estranei diversi in tutto: mentre la Bestia deve respingere i suoi slanci amorosi, Belle tenta di svelare i suoi misteri e del suo regno. Una volta calata la notte, però, dei sogni le rivelano poco a poco il passato della Bestia. Una storia tragica, che le fa comprendere come questo feroce essere solitario fosse un tempo un maestoso principe.
Armata del suo coraggio, lottando contro i pericoli e aprendo il suo cuore, Belle riuscirà a liberare la Bestia dalla maledizione, trovando, così, il vero amore.
La bella e la bestia nasce come racconto franco-tedesco ispirato a “Le Metamorfosi” di Ovidio e di Apuleio e ad altri classici. Lungo i secoli diverse varianti sono andate sviluppandosi in Europa. L’eclettico Christophe Gans (Il Patto dei Lupi, Silent Hill) si arrischia a mettere mano alla versione di quattrocento pagine di M.me de Villeneuve del 1756, purtroppo stravolgendone il senso e cancellando la crudele metafora sociale dell’opera di riferimento in favore di una visione onirica, dai toni smorzati e dai colori più tenui. E distante questa La bella e la bestia anche dal raffinato, irraggiungibile film omonimo del 1946 di Jean Cocteau, come dalla trasposizione del ’76 e dal delizioso cartone targato Disney del 1991.
Rendendo parte attiva il nucleo famigliare di Belle e narrando le origini della maledizione gettata sulla bestia attraverso una serie di flashback Gans cerca di ampliare la struttura della storia originale tanto spazialmente quanto temporalmente, con risultati dalla qualità altalenante.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=wi8SITcbBuE[/youtube]
L’apertura come gradevole fiaba dalle venature dark, pregna di simbologia e computer grafica (in alcuni casi funzionale, in altri dolorosamente carente come nel caso degli animaletti di compagnia) lascia gradualmente, inesorbilmente spazio a scene action che per quanto ben realizzate risultano fuori luogo (gli ultimi minuti sembrano trasportati di sana pianta dall’ennesimo capitolo di God of War) e alla presenza di un villain bidimensionale con annessa amante/cartomante (che ricorda la coppia Michael Wyncott/Bai Ling da Il Corvo sebbene in una versione ovviamente alleggerita) rendendo difficoltoso comprendere il reale target di età del film, un errore che ha decretato il fallimento, ingiusto, di altre valide pellicole.
Lea Seydoux (rimarchevole ne La Vie d’Adele) si muove a suo agio nel ruolo di prigioniera dentro una gabbia dorata, con i suoi abiti sfarzosi e gioielli eccessivi ma risulta sin troppo passiva innanzi alla presenza della mostruosa, scorbutica bestia, un Cassel che non permette alla pesante maschera di limitare la sua espressività sanguigna. I comprimari fanno il loro dovere senza infamia o lode.
Impressionante è la scenografia realizzata presso gli studi a Babelsberg (ove videro luce capolavori immensi come l’Angelo Azzurro, i Nibelunghi e Metropolis), tanto maestosa, dettagliata ricca da divenire essa stessa coprotagonista se non protagonista assoluta del film con il suo senso di passata grandeur e di un malinconico abbandono. Ogni sala del castello della bestia, ogni petalo delle inquietanti rose che penetrano l’atavica magione vibra di vita propria, ogni pixel ha una sua funzione.
Il problema reale del film è la tempistica dei sentimenti percepiti dallo spettatore: se il passaggio graduale e centellinato di Bella da carcerata ad innamorata è comprensibile quanto prevedibile il mutamento interiore della bestia appare improvviso e senza sufficienti indizi, con ogni probabilità troppo rapido e non intuibile.
Tecnicamente ragguardevole, La bella e la bestia rappresenta un passaggio importante, un tentativo di blockbuster “all’europea” che riesce, con la sua ricercata estetica, a raggiungere in qualche modo lo scopo prefissato pur difettando nel trasmettere un reale sentimento nell’occhio dello spettatore.
+ There are no comments
Add yours