Il violinista del diavoloSiamo all’inizio del diciannovesimo secolo: il virtuoso del violino, arrogante e autodistruttivo casanova Niccolò Paganini (David Garrett) cerca disperatamente il consenso pubblico che egli sa per certo di meritare. Durante una sfortunata dimostrazione del suo talento Paganini viene notato dall’ambiguo e mefistofelico Urbani (Jared Harris), che si propone come devoto impresario del violinista. Grazie alla direzione di Urbani la carriera di Paganini decollerà ma il prezzo da pagare sarà forse la sua stessa anima.

Brillante, seducente e quasi convincente nella sua versione modernizzata della vita di Paganini (“più vicino a Hendrix che ai suoi contemporanei”) il regista Bernard Rose (“Anna Karenina”, “Amata Immortale”) crea un connubio stimolante tra David Garrett, meraviglioso, energico musicista (due milioni e mezzo di dischi venduti,dal 2008 nel Guinness dei primati per aver eseguito il volo del calabrone, in un minuto e sei secondi) ma attore ancora sin troppo acerbo e costretto ad una perenne espressione stordita, qui ben gestita, ed uno splendido Harris (Moriarty in Sherlock Holmes – Gioco d’ombre e Ulysses S Grant in Lincoln) che fa suo il personaggio di Urbani, lo plasma e lo rende, volontariamente o meno, nucleo e colonna portante del film.

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Ed è la dannazione senza scampo di Paganini, che danza tra accidia ciecamente egoistica e una ossessione che lo consuma, a fungere da reale colonna sonora de Il violinista del diavolo. Tutta la narrazione si stringe quindi attorno all’ambizione e all’annichilimento generati da un talento senza controllo (ed il dubbio sorge: un simile talento può essere imbrigliato e diretto od un minimo controllo su di esso lo farebbe svanire?) sino all’inevitabile spirale discendente dell’artista che tuttavia non lascerà solo cenere al suo passaggio.

Il Violinista riesce quasi interamente nel suo scopo di biopic, nonostante la sua verve sottilmente didascalica, grazie all’amore viscerale di Rose e Garrett per la figura storica, ma appunto questo amore porta al dominio quasi esclusivo di Garrett sulla scena mentre gli altri personaggi come l’impresario John Watson (Christian McKay), la sua amante  Elisabeth Wells (Veronica Ferres) la giornalista Ethel Langham (Joely Richardson) sono creature di cartone senza una reale consistenza, caricature che hanno il solo scopo di delineare il rapporto della coppia. Globalmente parlando, il Violinista è un’opera godibile e quantomai apprezzabile, nonostante una necessaria contrazione temporale degli eventi che tuttavia non toglie molto al valore del film.

David Garrett
David Garrett

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