Un ragionevole dubbio_locandina originale

Mitch Brockden (Dominic Cooper) è un procuratore distrettuale dalla carriera in ascesa e quella che sembra una morale irreprensibile. Quando Mitch in stato di ubriachezza causa un incidente stradale mortale le azioni del procuratore per nascondere il fatto sembrano dover condannare per il suo crimine Clinton Davis (Samuel L. Jackson), un uomo già colpito duramente dalla sorte. Diviso dalla necessità di dover proteggere la sua vita e la sua famiglia e dalla sua coscienza il giovane procuratore si ritroverà intrappolato in un torbido intrigo di violenza e giustizia personale.

Come troppi film di genere “Un ragionevole dubbio” è condannato dall’illusione che un concetto, da tempo consolidato ma ancora intrigante, possa essere sufficiente per colmare le lacune di uno script fragile, una trama poco sviluppata e  personaggi dolorosamente bidimensionali.

Prevedibile sin dalle prime scene con situazioni telefonate e facilmente intuibili e sottotrame trasversali inserite a forza nel contesto più ampio (il ruolo del fratellastro su tutte) il film danza tra innumerevoli, improbabili, e alla fine insopportabili coincidenze intramezzate dalle azioni palesemente sciocche del protagonista , portando lo spettatore, che inutilmente attende un guizzo brillante o un colpo di scena degno di questo nome,  a dubitare persino della capacità delle forze di polizia statunitensi, qui assolutamente goffe e miopi innanzi ad ogni ovvio indizio e refrattarie ad utilizzare in modo intelligente qualsivoglia esame scientifico delle prove.

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Samuel L. Jackson, in teoria pilastro del film, si prende una vacanza da ruoli impegnati offrendo ai suoi fan ben poco del suo tipico carisma ed il suo personaggio, che dovrebbe risultare l’ambigua controparte morale del protagonista, carico di sfumature e forte di motivazioni estreme ma comprensibili, alla fin fine risulta un villain generico privo del fascino necessario per risollevare il film.

Peter Howitt, un tempo promettente regista di Sliding Doors, saggiamente decide di non firmare questo pastrocchio abbozzato fortunatamente breve, scegliendo di firmarsi con lo pseudonimo di Peter P. Croudins nella tradizione degli innumerevoli Alan Smithee.

Un film di serie B meritorio esclusivamente di una assonnata visione dopo il pranzo domenicale.

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