Una promessa narra la storia del giovane laureato in chimica Friedrich che, nella Germania del 1912, viene assunto da Karl Hoffmeister per lavorare nella sua acciaieria come impiegato. Il giovane si rivela da subito estremamente brillante e promettente; ciò spingerà Hoffmeister a farne il suo segretario personale.

A seguito di gravi problemi di salute, Hoffmeister invita Friedrich a fare da tramite tra lui e la fabbrica, proponendogli inoltre di andare ad abitare nella casa di famiglia. Introdotto in una vita completamente diversa dalla precedente, Friedrich conosce la giovane ed affascinante moglie del suo datore di lavoro, Lotte, e ne viene talmente colpito da innamorarsene all’istante. Tuttavia, la situazione impone che un tale sentimento non venga rivelato, anche se la donna sembra ricambiarlo. L’amore tra i due verrà messo alla prova nel momento in cui Friedrich, inviato in Messico per gestire le nuove miniere con cui Hoffmeister intende espandere la propria attività, non sarà più in grado di comunicare con la Germania a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale.

 [youtube]http://www.youtube.com/watch?v=N02NI2baiC8&list=UUi1KSLoeAe0bbB1FWCxLiNQ[/youtube]

Una promessa è la trasposizione cinematografica di un romanzo di Steven Zweig, che vede alla regia Patrice Leconte (Il mio migliore amico, La bottega dei suicidi) e come protagonisti Rebecca Hall (Vicky, Cristina, Barcelona), Richard Madden (ll trono di spade) ed Alan Rickman (Harry Potter, Love Actually). L’idea di raccontare una passione clandestina non è certo nuova alla letteratura, nè tantomeno al grande schermo e Zweig la ripropone contestualizzandola nella società tedesca pre-bellica.

Il compito è arduo, in quanto il rischio di cadere nel “già visto” è altissimo e richiede senza dubbio una trama ed una regia forti, ed intriganti. Il problema di questa pellicola è il fatto di voler raccontare una passione talmente inespressa da dare quasi la sensazione di non esistere. Vengono a mancare intensità e sensualità, sostituite invece da silenzi e sottintesi. Nel momento in cui questo sentimento viene messo alla prova dalla lontananza dei protagonisti l’uno dall’altra non riesce ad essere credibile, in quanto lo spettatore non lo ha visto crescere e maturare nel corso della storia.

La trama è abbastanza carente e la regia non riesce a tenerne il passo colmando le lacune narrative con riprese e scorci intriganti. Essa diventa a tratti quasi ripetitiva, rimanendo per buona parte confinata dentro una villa che non riuscendo ad essere claustrofobica diventa quasi noiosa. L’ambientazione sembrerebbe quasi voler occhieggiare ai drammi di Ibsen – in cui la vita familiare in apparenza quieta rivela fantasmi e passioni nascoste- senza però riuscire ad egugliarne la potenza ed il senso di oppressione. A nulla vale la contrapposizione tra la villa ricca ed ovattata e la fabbrica affollata e rumorosa che, mentre conferisce un certo ritmo alla scene, non contribuisce ad arricchire il racconto.

Quello che poteva essere un melodramma di tutto rispetto diventa – in mancanza di una trama ed una regia vitali – una ripetitiva cronaca di sguardi e sentimenti inespressi, che non riesce a trovare una risoluzione coinvolgente per lo spettatore. Nemmeno quando la trama rivela improbabili colpi di scena. Peccato per gli interpreti di tutto rispetto, che avrebbero meritato qualcosa di più, ma si trovano a doversi destreggiare con personaggi dalle motivazioni scricchiolanti. Madden nei panni del giovane Friedrich e Hall in quelli della graziosa Lotte sono convincenti e estremamente veritieri nell’interpretare i rispettivi ruoli. Per non parlare di Alan Rickman, che ovunque si trovi a lavorare riesce a dare il meglio di sè sfoderando un repertorio di espressioni che tradiscono (fortunatamente) la sua ampia esperienza teatrale.

Il film gioca per 98 minuti su un terreno accidentato senza riuscire a coinvolgere lo spettatore. Peccato per gli spunti e gli sguardi sprecati.

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours