La storia della principessa splendente_locandina

La storia della principessa splendente di Isao Takahata è da oggi nelle sale grazie a Lucky Red ma vi resterà soltanto per tre giorni, il 3-4-5 novembre.
La storia è ambientata nel medioevo giapponese ed il protagonista è un anziano contadino che, mentre si appresta a tagliare una pianta di bambù, rinviene all’interno una bizzarra, misteriosa neonata che chiamerà Kaguya, “Gemma di Bambù”.

Kaguya, adottata dal contadino e da sua moglie, crescerà in modo rapidissimo divenendo adolescente in pochi giorni. Trasportata dai genitori contro la sua volontà nella Capitale per divenire una vera dama, strappata agli amici ed alle splendide montagne Kaguya si ritroverà a dover acquisire le doti di una fanciulla di alto rango e affrontare l’insistenza di pretendenti sempre più influenti…

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Dopo otto anni di sforzi nella sua realizzazione interamente a mano, accolto da un’ovazione nell’anteprima mondiale alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, La storia della principessa splendente è la trasposizione cinematografica di Taketori Monogatari (la storia del taglia bambù), una delle più popolari favole giapponesi.

Targata dallo Studio Ghibli e diretta dall’ormai settantottenne ma sempre penetrante Isao Takahata (La tomba delle lucciole, I miei vicini Yamada), quest’opera si distanzia in modo netto dalle ultime produzioni giapponesi, a partire dallo stile del disegno e dell’animazione: lontani dalla computer grafica moderna di Ghost in the Shell o dal cell shading di Gundam Unicorn, ci ritroviamo innanzi a delicati e morbidissimi tratti a mano che richiamano i manga degli anni ’80 e disegni a pastello che risultano veri e propri quadri.

L’animazione appunto,  solo apparentemente semplice ed esplosivamente dinamica, è una gioia per gli occhi: le corse forsennate di Kaguya (rappresentazione ultima dei suoi umori e sua unica fuga) per le stradine della montagna o nel suo palazzo sono piacevolissime, esplosioni vitali che rappresentano di volta in volta gioia infantile o l’unica reazione possibile alle imposizioni paterne.

Apparentemente una favola per bambini, Taketori Monogatari è in realtà pensata per gli adulti: le continue vicissitudini emotive e scelte morali della protagonista divisa tra obbedienza filiale e volontà di essere padrona delle proprie decisioni, la lunghezza dell’opera (ben 136 minuti), lo sforzo di comprendere la struttura sociale dell’epoca con la sua etichetta formale e severa e le sue tradizioni la rendono apprezzabile ma non pienamente comprensibile al grande pubblico che potrà comunque immergersi nella sua lirica di altre epoche  e contemporaneamente  sempre attuale.

Il film è palesemente un’ode alla Terra, ai paesaggi delle montagne rappresentati con semplicità e magnificenza, al canto degli uccelli e degli insetti, al serpeggiare dei rigagnoli. E’ un inno alla simbiosi tra i contadini nomadi e la montagna generosa che offre agli uomini ristoro in cambio di periodico riposo, una dimostrazione di rispetto necessaria in contrapposizione alla rigida Capitale, alle sue forme vuote, ai suoi beni che incantano inizialmente Kaguya ma che risultano infine le sbarre della sua prigione dorata.

Vivamente consigliato.

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