La teoria del tutto_locandina italianaDovrebbe esserci qualcosa di molto speciale nelle condizioni ai confini dell’universo.
E cosa può essere più speciale dell’assenza di confini?
Non dovrebbero esserci confini agli sforzi umani.
Noi siamo tutti diversi, per quanto brutta possa sembrarci la vita, c’è sempre qualcosa che uno può fare e con successo. Perché finché c’è vita… C’è speranza !

Su queste parole pronunciate dalla “voce robotica” del Professor Stephen Hawking si chiude La teoria del tutto, la pellicola pluricandidata agli Oscar 2015, ispirata alla vita di uno dei più importanti scienziati del ventesimo secolo.
Padre di teorie rivoluzionarie sull’inizio senza confini dell’universo e la termodinamica dei buchi neri, costretto a comunicare con un sintetizzatore a causa di una patologia neurodegenerativa, Hawking è forse proprio l’esempio più grande che non esistano limiti alle possibilità dell’uomo, nemmeno quando si rimane intrappolati all’interno del proprio corpo, anche se, con una mente di quel calibro sia evidentemente più facile volare.

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James Marsh, regista premio Oscar per il documentario “Man on Wire”, sceglie una struttura narrativa canonica per rendere più comprensibile al pubblico la vita a dir poco straordinaria di quest’uomo, colorandola di rosa, mettendo al centro di questo dramma romantico la storia di Jane Wilde, (splendida Felicity Jones), e la sua relazione con l’ex marito, compagna che gli restò accanto nei momenti più difficili anche se non senza difficoltà, dalla diagnosi della SLA (che a detta dei medici avrebbe dovuto lasciargli solo due anni di vita), ai successi scientifici del celeberrimo fisico teorico fino al divorzio nel 1991.

Buttandola sull’emotivo, il modo scelto per narrare questa non-favola. strappa lacrime facili per i motivi più ovvi. Perché per l’appunto non è facile vedere il disfacimento del corpo umano di un individuo, figuriamoci poi se è così talentuoso, e perché ci tocca il cuore. Ma anche perché questa volta l’amore non vince su tutto e qualche volta non basta a superare una situazione così critica. Molto ben fatto, infatti, il taglio con cui si è deciso di raccontare le difficoltà che possono sopraffare una moglie che, perdonatecela, è proprio “una donna e non una santa”.

Detto questo ne rimane un film sobrio ed emotivo, anche se a dirla tutta è veramente riduttivo, come già lo fu per Alan Turing in “The Imitation Game”, riassumere la vita di Stephen Hawking come una lunga puntata di “Beautiful”, ma per fortuna come si può facilmente intuire il Professor Hawking è un uomo dotato di grande ironia e probabilmente si lascerà scappare un sorriso pesando al ritratto che qui gli è stato regalato.

Nota positiva, infine, è la magistrale interpretazione di Eddie Redmayne, (perfetto), che gli è già valsa un Golden Globe nonché una candidatura miglior attore dall’Accademy che sarebbe tutt’altro che immeritata vista l’immedesimazione totale e la somiglianza nella fisicità praticamente impossibile da riproporre. In ogni caso un film ordinariamente ben fatto.

The great Stephen Hawking

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