Berserk_Capitolo IIIIn un luogo simile alla nostra Europa tardo medioevale un gruppo di mercenari noto come la Squadra dei Falchi offre le sue spade al miglior offerente: non vi sono missioni che con l’astuzia o la forza i Falchi non sono in grado di portare a termine.
Guidati dall’ambizioso Griffith, che una sinistra profezia vuole destinato alla grandezza, i Falchi sono riusciti infine ad ottenere gloria e onore nonostante le loro umili origini ma quando il campione dei mercenari e secondo in comando, il laconico Guts, decide di abbandonare il gruppo alla ricerca della sua strada Griffith, colto dall’ira per il tradimento percepito, compie un passo falso seducendo la principessa Charlotte ed inimicandosi il potente e incestuoso padre, il re…

Berserk è un fantasy oscuro, tetro, più vicino all’Hellraiser di Clive Barker, qui omaggiato e quasi rielaborato tanto da sfiorare il plagio, che al Signore degli Anelli ed al nuovo Conan: lugubre, sanguinario, visionario, inquietante il terzo capitolo della saga, trasposizione animata del crudo fumetto omonimo di Kentaro Miura, conclude infine l’Età dell’Oro (lunghissimo flashback all’interno del manga e qui capitolo introduttivo della serie di film al pari del Gundam Origini di Yas) e l’inizio della dovuta vendetta di Guts. E la conclusione viene gestita magistralmente da Ohkouchi e Kobooka che fanno letteralmente esplodere, fotogramma dopo fotogramma, l’orrore dantesco e la morte granguignolesca dei protagonisti sino all’inevitabile, imprevedibile finale.

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Nulla viene negato allo spettatore: non la mutilazione, la tortura e neanche lo stupro (?) dei protagonisti ai quali, con tutte le loro debolezze ci si era affezionati. L’occhio di Kubooka è fermo sulle efferatezze compiute dalla Mano di Dio a discapito dei personaggi e lo spettatore si ritrova il gelo nelle viscere mentre si conclude il percorso degli “eroi” ben lontano dal lieto fine.
Bizzarro, crudele, disturbante, onirico: “l’avvento” è quel tipo di opera che può venire prodotto e distribuito con facilità solo nell’industria cinematografica giapponese (quella che ha reso cult le efferatezze consapevolmente divertite di Tokyo Gore Police e Tetsuo) e che scivolerebbe in occidente ingiustamente nel settoriale trash splatterpunk che, pur degno di considerazione, non è luogo dove va collocato.

Berserk ancora una volta funziona, e lo fa con uno stile proprio che omaggia l’opera originale, la lambisce che ma in qualche modo riesce a discostarsi da essa: piccole ma importanti parti vengono tagliate, alterate, rese più rapide per necessità creando a suo modo un’opera a se, forse più pulita ma non meno perversa.

Non per tutti.

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