The Tribe_locandina italianaUn algido, crudelissimo e qualitativamente molto elevato oggetto per cinefili che ne subiranno inevitabilmente la fascinazione. Altamente improbabile, invece, che possa coinvolgere lo spettatore medio, abituato (specialmente in Italia) ad una pappa pronta distante anni luce da ciò che quest’opera prima rappresenta.

Presentato e premiato a Cannes 2014 (Semaine della Critique), si tratta del primo lungometraggio del regista e sceneggiatore ucraino Myroslav Slaboshpytskiy (vincitore del Pardo d’Argento nel 2012 con il mediometraggio Nuclear Waste) che giunge nelle sale italiane con un anno di ritardo e, sinceramente, stupisce che ci abbia mai raggiunto, vista la durezza di alcune sequenze e l’obiettiva quanto intenzionale impossibilità di immedesimazione che caratterizza questi ben 132’ privi di sottotitoli e di parlato, se si eccettuano i rumori del mondo reale che, quasi come un testimone scomodo, circondano questa tribù al quadrato.

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Si tratta, infatti, di una comitiva di adolescenti-studenti borderline che comunicano tra loro esclusivamente attraverso il linguaggio dei segni e, viene naturale aggiungere, attraverso l’universale lingua del corpo, sessuale e violento.

Il freddo dell’inverno ucraino si somma alla freddezza degli atti e dei rapporti umani, basati unicamente sulla forza e la legge della giungla. Unica eccezione: la storia d’amore vissuta dal protagonista che porterà ad un indimenticabile epilogo. Girato nella vera scuola superiore dove ha studiato il regista, il casting ha richiesto un anno per trovare i migliori ragazzi sordomuti che potessero interpretare le vicende narrate in modo così autenticamente iperrealistico, accentuato dal fatto che gli attori non hanno ricevuto la scena in anticipo ma soltanto poco prima di girare e gli è stata poi tolta subito dopo. E’ questa, infatti, la cifra dominante: rasentiamo l’effetto documentario perché ci troviamo calati completamente nell’atmosfera folle e feroce dei giovani interpreti, nel loro gruppo circolare, in questo buco nero all’interno del quale gli adulti e gli udenti non sono ammessi.

Intervistato per Filmuforia, Slaboshpytskiy ha così commentato la sua opera: “Le persone non udenti rappresentano meno dell’1% dell’umanità e, specialmente per quanto riguarda i più giovani, hanno bisogno di creare una connessione l’uno con l’altro per formare un legame di amicizia. Uno dei miei attori ci ha detto, durante un colloquio di selezione, che secondo lui Internet e i social network erano stati creati specialmente per i non udenti. Loro, infatti, sono utenti molto attivi perché quell’ambiente gli rende molto più facile la comunicazione nella vita reale”.

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