Black Mass_original posterBoston, Massachusetts.
James (Benedict Cumberbatch) e James “Whitey” Bulger (Johnny Depp) vivono con la madre nella zona sud, un quartiere degradato controllato dalla criminalità locale. Mentre James si getta in politica e inizia i suoi primi passi che lo porteranno nel senato americano Whitey, figlio devoto e amorevole, padre dolce e vicino gentile, in seguito ad una duplice morte tra isuoi cari diventerà sempre più violento sino a trasformarsi in una inarrestabile macchina di morte.

Convinto dall’amico di infanzia e agente dell’FBI John Connolly (un Joel Edgerton in grado di rubare la scena) a collaborare come informatore con il governo americano per danneggiare la potente mafia italiana di Boston Whitey, da mezza tacca, riuscirà a guadagnare il controllo delle zone di influenza dei suoi avversari nel giro di pochi anni grazie al tacito accordo con un bureau all’oscuro dei suoi piani, imponendosi come il criminale più potente della città sino al 1992, anno della sua fuga, divenendo il secondo dei dieci criminali più ricercati di sempre, eterno latitante dagli occhi gelidi, voce bassa e profilo bassissimo.

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Basandosi su Black Mass: The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob, pubblicato nel 2001 da Dick Lehr, il nuovo film di Scott Cooper (Il fuoco della vendetta – Out of the Furnace, Crazy Heart) si presenta come la disamina feroce della vita di un criminale che diventerà noto in tutti gli USA e quasi una leggenda nella sua Boston.

Dopo Mortdecai, The Lone Ranger ed il suo passato disneyan-burtoniano, Johnny Depp cerca la strada per tornare a casa: brillanti sono i suoi passaggi graduali che palesano il comportamento sempre più aberrante del gangster, la sua instrinseca follia ma sotto pesanti strati di trucco ad opera di Marleen Alter, Jennifer Traub e L. Sher Williams, Depp risulta involontariamente rigido, talvolta inespressivo e persino troppo inumano per essere completamente credibile.

Evitando di seguire la strada pericolosissima e scivolosa del gangster movie efferato alla Michael Mann, alla Francis Ford Coppola, alla Martin Scorsese il regista Scott Cooper, benedetto dalla fiducia e dal denaro di Depp stesso, seleziona con cura alcuni degli elementi rilevanti della colorita e notevole biografia di Bulger non temendo di eliminare le parti ritenute in eccesso ed offrendo quindi una certa organicità e persino snellezza al lavoro compiuto. Cooper, a differenza dei nostri registi nostrani non santifica il criminale, non lo celebra, non lo rende fascinoso mostro da imitare rimarcando, artificiosamente o meno, il suo carisma ed evita così di offendere la memoria delle vittime di Bulger: non una scelta di comodo e di certo non facile ma che vince almeno per onestà intellettuale e artistica.

Impeccabile nella forma (indubbiamente azzeccate alcune inquadrature e ben fatte diverse scene) Cooper fallisce, in parte, per altri motivi: il suo lavoro appare in qualche modo incompleto forse nel suo comprensibile timore di paragonarsi con i mostri sacri del genere o forse per il tentativo orgoglioso di imporre le sue regole senza avere la necessaria passione, la sufficiente abilità descrittiva (i personaggi e la “loro” Boston sembrano muoversi su due piani distinti, dai rapporti mai chiaramete definiti) e senza rischiare colpi di testa artistici, cadendo nella spirale del noir tipico che pur non risultando sgradevole di certo non rimarrà negli annali e poco possono volti noti come Kevin Bacon, Peter Sarsgaard e Dakota Johnson inseriti in ruoli adeguati per cambiare il risultato finale.

Un buon prodotto che non centra il bersaglio.

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