La prima serata della Festa del Cinema di Roma 2015 è stata riservata a «Truth», film potente la cui trama, all’incrocio tra media e potere, trae origine dal libro di memorie della produttrice televisiva Mary Mapes in forza a 60 Minutes, celebre programma di informazione della CBS condotto dal mitico Dan Rather, re degli anchorman statunitensi.
Mapes aveva raggiunto la notorietà con la divulgazione dei misfatti perpetrati da soldati americani nel famigerato carcere di Abu Ghraib, in Iraq, e quando riceve un’informazione su come George Bush, candidato al secondo mandato presidenziale, era riuscito ad entrare nella Guardia nazionale del Texas proprio mentre infuriava la guerra in Vietnam, si getta alla ricerca degli elementi che possano suffragare la tesi della raccomandazione politica. Mettendo insieme un team apparentemente male assortito ma in realtà molto efficiente (divertente il dualismo tra l’ex militare Dennis Quaid e l’hipster Topher Grace), la Mapes riesce a rintracciare testimoni-chiave e documenti d’epoca, arrivando a mandare in onda uno scoop sensazionale.
L’entusiasmo, però, è di breve durata: subito parte il contrattacco dei conservatori sostenitori di Bush, con lo spin doctor Karl Rove dietro le quinte, e il duo Mapes-Rather passa immediatamente dallo scranno dell’accusa al banco degli imputati. Le pressioni politiche sulla CBS diventano rapidamente insostenibili, e la direzione non esita a scaricare l’intero staff del programma, passando per un’inchiesta-farsa condotta da una commissione interna dichiaratamente ostile ai giornalisti liberal (accusa che pensavamo consegnata al periodo buio del maccartismo).
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Il regista James Vanderbilt, al debutto dietro la macchina da presa ma notissimo per aver sceneggiato i due episodi di Spider-Man diretti da Marc Webb e l’adamantino Zodiac del maestro David Fincher, ha costruito un film classico, molto americano, per raccontare una vicenda alla cui base sono i valori della democrazia a stelle e strisce. E chi meglio di un perfetto liberal di Hollywood, nonché icona del cinema mondiale, come Robert Redford per interpretare, con limpidissima classe, un’istituzione del mondo dell’informazione come Dan Rather? Con lui, la favolosa Cate Blanchett dà vita ad un duo davvero formidabile, illuminando il film con la potente passione che l’attrice australiana mette al servizio di una tematica che, purtroppo, continua ad essere di stretta attualità anche nella vecchia Europa: l’abuso di potere come pratica abituale e l’impunità garantita ai responsabili da un sistema mediatico troppo invischiato con i “poteri forti” per essere credibile.
[Nota del caporedattore: Elisabeth Moss, che qui interpreta Lucy Scott, era la giovane e ribelle figlia di POTUS (interpretato dal grandissimo Martin Sheen) nella serie cult The West Wing]
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