Giunto gioiosamente e con un vistoso aumento di pubblico alla conclusione della tappa romana della sua nona edizione (dal 5 al 10 maggio, presso il Cinema Farnese), il Festival del Cinema Spagnolo si è fatto in tre e proseguirà il suo viaggio a Milano (Auditorium San Fedele, dal 27 al 29 maggio) e Trieste (Cinema Ariston, 30 e 31 maggio). L’ospite d’onore del 2016 è stata la superstar iberica Marisa Paredes (musa di Pedro Almodovar che ha girato con lei sei film) ed è proprio con il suo incontro con il pubblico (avvenuto il 10 maggio, dopo la proiezione di El espinazo del diablo, La spina del diavolo, del grande Guillermo del Toro) che la tappa romana del festival si è conclusa.
Gli omaggi alle cinematografie extraiberiche di lingua spagnola sono stati dedicati quest’anno al Messico (con la proiezione, a Roma ed a Milano, di Güeros di Alonso Ruizpalacios, premiato come Migliore Opera Prima a Berlino 2015. Splendido viaggio lungo le vie della mastodontica Città del Messico, visto attraverso gli occhi dei due giovani protagonisti. Incredibilmente, uscirà nelle sale italiane il 16 giugno 2016, grazie a Bunker Hill) ed a Cuba (proiezione, a Roma ed a Milano, dei migliori cortometraggi degli allievi della Escuela Internacional de Cine y Televisión, considerata tra le migliori al mondo e fondata nel 1986 dal cineasta argentino Fernando Birri, il regista cubano Julio García Espinosa ed il grandissimo Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez, con la missione di “formare cineasti attivi che uniscano all’alto livello estetico e tecnico, una concezione etica, una visione critica del mondo, una chiara posizione davanti alla barbarie, all’ingiustizia, all’oppressione, una capacità di sognare, un’utopia”, di cui ricorre quest’anno il trentennale della fondazione. Tra i titoli selezionati, spiccano in particolare Oslo e La trucha, girati entrambi, nel 2012 e 2014, dal regista cubano Luis Ernesto Doñas).
Gli altri ospiti che hanno incontrato gli spettatori del Farnese, oltre a Marisa Paredes, sono stati: Daniel Guzmán, Fernando Colomo, Lorenzo Balducci e Ramón Alós.
La sezione più interessante del festival è sicuramente La Nueva Ola che permette al pubblico italiano di ammirare le migliori pellicole uscite in Spagna nel 2016, delle quali fa parte A cambio de nada, esordio alla regia di Daniel Guzmán premiato con due Goya mentre, il 6 ed il 9 maggio, il pubblico romano si è potuto godere la visione di Magical Girl di Carlos Vermut, premiato come Miglior Film e Miglior Regia a San Sebastián e Premio Goya come Migliore Attrice per Bárbara Lennie. Particolarmente amato da Almodóvar e da lui definito “La più grande rivelazione del cinema spagnolo degli ultimi vent’anni”, il film narra la storia del professore Luis che vuole rendere felice la sua giovane figlia Alicia regalandole il vestito del manga Magical Girl Yukiko, da cui il titolo.
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Particolarmente coinvolgente ed originale il bellissimo unico piano sequenza di Hablar di Joaquín Oristrell che ci mostra i migliori interpreti spagnoli del momento, coinvolti in una girandola di ministorie simultanee in una torrida notte di agosto a Madrid. Su tutti aleggia l’ombra benevola di Podemos come simbolo di innovativo e necessario cambiamento, in opposizione ad una biblica fine del mondo che sembra essere prossima e permea di angoscia molti dei personaggi.
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L’arzillo e simpaticissimo attore e regista Fernando Colomo, prima del suo incontro con il pubblico, ha presentato (il 7 maggio) Isla bonita, la sua ommedia romantica che lo vede sullo schermo anche nei panni di attore protagonista. Sullo sfondo e tutto intorno, come in un sensuale abbraccio, la splendida Minorca, perla delle Baleari. Tenero, gustoso e con un cast tra i più deliziosamente azzeccati, questa piccola produzione ci regala 100 minuti di spensieratezza ed allegria. Non resta, quindi, che sperare in una sua distribuzione nelle sale italiane.
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Assai pregevole ed assolutamente imperdibile, il documentario El hombre que quiso ser Segundo di Ramón Alós Sánchez, nato a Valencia e brillante diplomato del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, che con tocco leggero ed acuta sensibilità, dispiega davanti agli occhi dello spettatore la misteriosa esistenza del geniale Segundo de Chomón, considerato universalmente il Meliés iberico, cui dobbiamo i più bei effetti visivi e di animazione degli albori del cinema spagnolo, francese ed italiano! Ci sono, infatti, il suo occhio e la sua mano dietro a classici immortali della storia del cinema europeo occidentale come Cabiria di Giovanni Pastrone (1914) e Napoléon di Abel Gance (1927).
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La nostra menzione speciale, in conclusione, va al succitato A cambio de nada di Daniel Guzmán. Esordio alla regia del famoso attore, classe 1973, questa produzione ha richiesto dieci anni di impegno della vita del regista che, dopo aver brillantemente superato la propria assai turbolenta adolescenza (il film è parzialmente autobiografico perché “ho inserito soltanto ciò che si poteva mostrare”, ha dichiarato al pubblico romano con un gran sorriso, tra il serio ed il faceto) ed essendo diventato una star della tv spagnola, ha deciso di regalarci questo gioiello, degno del miglior Truffaut e non a caso premiato meritatamente con due Goya, gli Oscar iberici: Miglior Opera Prima e Miglior Attore Rivelazione (il giovane Miguel Herrán, bravissimo e sin troppo credibile nei panni di Dario grazie alla durezza della sua reale, travagliata, quotidianità che ha sublimato sul grande schermo per la gioia di noi tutti), senza contare la meravigliosa quanto iperattiva nonna ultranovantenne del regista che interpreta la nonnina anche sul grande schermo, accogliendo sotto il proprio tetto il protagonista scappato di casa ed iniziando quindi con lui un fantastico sodalizio di tenerezza e comprensione. Assolutamente irresistibili, tra l’altro, il paffuto e simpaticissimo Luismi, portato con grazia ed autoironia sul grande schermo da Antonio Bachiller ed il quasi pensionato meccanico-ricettatore di moto Justo Caralimpia che venera Julio Iglesias e possiede un carattere turbolento, un’indole burbera ed il cuore grande, interpretato abilmente dal veterano Felipe García Vélez.
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L’incontro con il regista è stato divertente ed illuminante: i finanziamenti pubblici giunti soltanto dopo che il film è stato realizzato ed ha avuto successo (tra l’altro, soltanto a copertura parziale dei costi sostenuti grazie a sforzi produttivi di privati) ricordano, infatti, la genesi dello splendido Cesare deve morire diretto da Paolo e Vittorio Taviani che, premiato con l’Orso d’Oro a Berlino nel 2012 (un italiano non vinceva dal 1991!) e ben cinque David di Donatello (tra cui Miglior Film e Miglior Regia)…non avrebbe mai visto la luce senza la lungimiranza e lo sforzo produttivo di Nanni Moretti.
Se vi trovate a passare per Milano o Trieste, non lasciatevi scappare queste ghiotte visioni.
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