Song of the Sea_locandina originaleDopo le atmosfere persino cupe di The Secret of Kells e le suggestioni klimtiane di On Love, Moore confeziona con La canzone del mare una deliziosa e commovente fiaba sulle difficoltà della vita, sull’elaborazione del dolore ma anche sulla sua necessità, sulla vitalità dei sentimenti, delle emozioni. Abile narratore di storie che pescano a piene mani nella tradizione irlandese, Moore realizza un’opera seconda seducente e sinuosa come una ballata. Presentato al Festival di Roma 2014 nella sezione Alice nella città e finalmente nelle sale grazie a Bolero Film.

La piccola Saoirse e il fratello Ben, appena un ragazzino, vivono col padre in un faro a due passi dal mare, in cima a una collina. La madre è scomparsa da anni e il padre non si è mai ripreso dalla perdita, mentre la nonna insiste per portare i due bambini in città, per farli crescere in un ambiente più sano e sicuro. Un giorno, per caso, Saoirse trova un flauto fatto con una conchiglia che apparteneva alla madre. Dal quel momento, i due fratellini saranno catapultati in un’incredibile avventura tra creature misteriose, giganti pietrificati e altre magie…


Una rivelazione, un talento consacrato dalla nomination all’Oscar con l’opera prima The Secret of Kells, tra le pellicole d’animazione più significative degli ultimi anni. Insomma, Moore è un nome da seguire con attenzione, in speranzosa attesa di una sacrosanta distribuzione nel Bel Paese.

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Perché tanto entusiasmo? Difficile spiegarlo a parole, visto la complessità grafica che Moore costruisce immagine dopo immagine, e il fertile contrasto tra la composizione rigorosamente geometrica di buona parte delle inquadrature, la semplicità quasi fanciullesca del character design e l’attenzione fuori dal comune per dettagli, linee, sfumature, accostamenti cromatici. L’animazione de La canzone del mare non è suddita della prospettiva, della profondità di campo, delle logiche estetiche e narrative delle pellicole commerciali, come non lo è l’animazione di The Secret of Kells e del segmento On Love di Kahlil Gibran’s The Prophet. L’animatore irlandese capovolge a proprio favore l’assenza di prospettiva, liberandosi dalle catene del fotorealismo, reinventando una verosimiglianza che poggia le proprie fondamenta sulla coerenza e ricorrenza delle figure geometriche.

Moore, con Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol (Une vie de chat), Jean-François Laguionie (La tela animata) e il trio Stéphane Aubier, Vincent Patar e Benjamin Renner (Ernest & Célestine), è il capofila europeo di una rinnovata animazione tradizionale che guarda con profondo rispetto al pubblico più giovane, alla centralità della storia, al côté grafico e artistico.
La valenza pittorica delle pellicole di Moore e la solidità narrativa dei suoi racconti ci riportano alla mente alcune piccole perle della Tōei Dōga come The Little Prince and the Eight-Headed Dragon (1963) di Yūgo Serikawa e Taro, the Dragon Boy (1979) di Kiriro Urayama, quel capolavoro di stilizzazione e sottrazione che è Tales of the Street Corner (1962) di Eiichi Yamamoto e la creatività di Genndy Tartakovsky (Samurai Jack), capace di oltrepassare i limiti imposti dal piccolo schermo.

Dopo le atmosfere persino cupe di The Secret of Kells e le suggestioni klimtiane di On Love, Moore confeziona con La canzone del mare una deliziosa e commovente fiaba sulle difficoltà della vita, sull’elaborazione del dolore ma anche sulla sua necessità, sulla vitalità dei sentimenti, delle emozioni. Abile narratore di storie che pescano a piene mani nella tradizione irlandese [1], Moore realizza un’opera seconda seducente e sinuosa come una ballata, prendendo per mano i piccoli spettatori e accompagnandoli verso un finale agrodolce. Tra i tanti passaggi significativi, le onde del mare che sembrano una variante irlandese di quelle di Hokusai, il risveglio del gigante Maclir, che pianse un oceano intero per poi tramutarsi in pietra, e le sequenze nel bosco, con quei campi dorati, i colori del tramonto, i fili d’erba, i mille elementi che compongono le tavole di Moore.

[Thank you, Quinlan!]

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