Commovente, sincero, coinvolgente, Honey Boy si basa sulla sceneggiatura di Shia LaBeouf, che ne è anche protagonista – insieme al giovane Lucas Hedges e al giovanissimo Noah Jupe, i quali interpretano il vero LaBeouf rispettivamente a 22 e a 12 anni.

Il film è, infatti, ispirato alla vita dell’attore californiano ed ai trascorsi burrascosi dei suoi primi ventidue anni, durante i quali ha dovuto fare i conti con la gravosa eredità morale di un padre sciagurato, clown fallito, alcolista e tossicodipendente ma dalla straordinaria carica umana.

James, ovvero LaBeouf senior, è interpretato dallo stesso Shia, quasi irriconoscibile nella sua trasformazione nello stempiato e occhialuto padre, frequentatore di nightclub di quart’ordine e sempre in sella alla sua Harley Davidson nera.

Dopo la separazione dalla madre di Otis, che lo accusa di essere uno stupratore o quantomeno un sex offender, e di cui maltratta il nuovo compagno, reo di voler portare il figlio a vedere i Dodgers, James vive in uno squallido motel, facendo la spola con il set da cui Otis spiccherà il volo verso una brillante carriera attoriale.
Recitando dapprima in sitcomedy tanto assurde quanto popolari – quando alcune ragazze lo riconoscono, James/LaBeouf senior non nasconde la sua invidia, che diventa gelosia quando trova a consolarlo una vicina di motel, ragazza sbandata ma dolce (l’afrobritannica FKA Twigs).

Otis è un ragazzino estremamente sensibile; lui vorrebbe tanto che il padre lo amasse in un modo più “normale” ma non c’è nulla da fare. James è così e non cambierà.
Starà a Otis/LaBeouf junior separarsi dall’anima nera del genitore, in primis per salvarsi ed in seconda battuta per poterlo perdonare, abbandonandosi al suo abbraccio, in sella alla moto o nella piscina nella quale un Otis dodicenne si tuffa spesso, quasi a voler tornare nel liquido amniotico dell’innocenza perduta.

Per riuscire nell’impresa, Otis deve ritrovare sé stesso. Ce la farà, grazie ad un’efficace terapia emozionale ed alla ricostruzione del suo passato come strada per riconnettersi con la realtà. E grazie a compagni di riabilitazione come Percy (Byron Bowers), un afroamericano che gli ricorda chi è, negli USA, che si trova davvero ai margini della società, e allo staff di psicologi, di cui fa parte la tenace dottoressa Moreno, interpretata da Laura San Giacomo – chi si rivede dai tempi di Sex, lies & videotapes!

Grande prova autobiografica per Shia Labeouf, il film ha vinto il premio speciale della giuria al Sundance Film Festival ed è diretto da Alma Har’el, nata in Israele, al suo primo lungometraggio, che ha definito “un’esperienza psico-magico-catartica”.

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