Un addio a distanza, una bugia pietosa.

Nai Nai è una deliziosa vecchina che elargisce consigli non richiesti a Billi, l’adorata nipote che si è trasferita a cercar fortuna negli USA. Peccato che lo faccia dalla sala d’attesa di un ospedale, dove la sorella minore, che la accudisce da anni, ha ritirato per lei una prognosi infausta, ma si guarda bene dal dirglielo: nella cultura cinese non si comunica una brutta notizia ad un parente o ad un amico, per sgravarlo della responsabilità di doverci fare i conti ma si assume quel fardello su di sé.

Questa scelta etica fornisce lo spunto per illustrare il confronto permanente tra i cinesi rimasti in patria e quelli della diaspora riguardo alla bontà dei diversi approcci esistenziali: andare all’estero per avere più opportunità, anche culturali o rimanere, per lavorare duro e fare soldi?

La decisione di tacere sulla malattia accomuna l’intera famiglia di Nai Nai – ampia e disseminata nel mondo come si conviene ai nuclei familiari della grande Cina – ad eccezione della giovane Billi, che, arrivata appositamente da New York a Changchun e ormai disabituata ai modi dei suoi connazionali, non si capacita di questa scelta. I cari congiunti arrivano a falsificare un referto, facendo diventare benigne le macchie nei polmoni rilevate impietosamente dall’ultima TAC…

Certi che la nonnina abbia ormai poche settimane di vita, ci si affretta ad organizzare un improbabile matrimonio tra il cugino Hao – un bamboccione inetto e buffissimo – e Aiko, una ragazza giapponese che sembra una bambola di plastica. Il tutto al fine di poter dare l’estremo saluto in vita a Nai Nai. La cerimonia nuziale è seguita da un banchetto di cibi e di colori, con l’immancabile karaoke al quale partecipano tutti, con risultati agghiaccianti.

Il secondo lungometraggio di Lulu Wang, dopo “Posthumous” del 2014, è – come da epigrafe del film – “based on an actual lie”, ispirato ad una bugia vera, quella che la sua famiglia ha raccontato alla matriarca colpita da un tumore ai polmoni.

La regista e la protagonista, la giovane Billi, hanno infatti molto in comune: Wang è nata a Pechino ma è emigrata con i genitori in Florida all’età di 6 anni; diplomata a Boston nel 2005, si è trasferita a Los Angeles per lavorare nel cinema. Nora Lum, in arte Awkwafina, è invece nata a New York.

La vicenda è ben inserita all’interno di geometrie cromatiche sempre piene di significato: dagli ospedali alla sala del matrimonio, dagli interni delle case agli hutong di Changchun. La “bugia buona” (questo il titolo italiano provvisorio) della famiglia di Nai Nai è un omaggio alla filosofia esistenziale asiatica, per cui l’individuo è importante quale parte di un tutto che lo comprende.

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