O come il patriarcato ha reso invisibili le donne.

Un’opera magnifica che lascia una traccia indelebile nel cuore e nell’occhio di chi la vede e se ne lascia penetrare, scoprendo la natura profondamente femminile di questo racconto cinematografico esotico e affascinante, liberamente ispirato al romanzo della scrittrice brasiliana Martha Batalha, sempre attenta ai temi dell’emancipazione femminile: si tratta del film La Vita Invisibile di Eurídice Gusmão (A Vida invisível de Eurídice Gusmão), diretto dal regista Karim Aïnouz, pellicola risultata vincitrice della sezione ‘Un Certain Regard’ di Cannes 2019 e nelle sale italiane dal mese di settembre.

Nella Rio de Janeiro degli anni Cinquanta, ritratta con colori saturi e nostalgici, quasi immagini dipinte del Brasile dell’epoca, si dipana, dapprima in un’atmosfera spensierata e sognante,  attraverso un percorso verso gli inferi nella dura realtà, la storia di due sorelle  di 18 e 20 anni, legatissime e complici, unite nel pensare al futuro: Eurídice, che studia pianoforte manifestando un talento fuori del comune e Guida, attratta dal mondo esterno, dai balli e dai ragazzi, sempre in cerca del vero amore.

Ma la loro è una famiglia patriarcale e conservatrice: il padre, panettiere arricchito, decide e dispone, non è entusiasta all’idea che Eurídice studi per diventare pianista, né che Guida vada dietro ai marinai di passaggio, le vuole entrambe sposate con matrimoni di convenienza, ignaro e disinteressato delle loro aspirazioni, desideri e fragilità. La madre vive all’ombra del padre, non decide né si oppone al marito, disposta al sacrifico di se stessa e ad una tacita, perenne sofferenza. Una notte Guida, uscita di nascosto con la copertura della sorella, decide di scappare con il fidanzato marinaio che le giura amore eterno e s’imbarca verso l’ignoto, per la Grecia: Eurídice non vuole credere che la sorella sia fuggita così, lasciandola sola e senza spiegazioni, ma l’aspetta comunque, sperando di rivederla un giorno. Nel frattempo suona e studia il pianoforte, vuole fare un concorso per entrare in conservatorio a Vienna ma il padre, gretto e pragmatico, le presenta un buon partito ed Eurídice si sposa.

Nel mentre, Guida ritorna a casa incinta, abbandonata e delusa, credendo di essere accolta dalla famiglia. Ma il padre la respinge brutalmente, mentendole sulla sorella e costringendola a vivere nelle favelas ed a fare umili lavori da operaia per crescere il figlio della ‘colpa’: nessuno dirà ad Eurídice che la sorella è tornata e Guida non sospetterà neppure che la sorella si trovi a Rio e non a Vienna. Dunque le due sorelle saranno separate per sempre, pur vivendo nella stessa città e passeranno la propria intera esistenza sfiorandosi, sperando di ritrovarsi, mentre il destino mescolerà le carte in modo drammatico ed inaspettato.

La società brasiliana dell’epoca, la dura vita del popolo contrapposta a quella delle classi abbienti, l’amicizia fra Guida e la prostituta che l’accoglie in casa sua con il bambino, il tormento di Eurídice, divisa fra il suo ruolo di madre e il desiderio immenso di suonare, ed il dolore cocente di non poter rivedere la sorella un giorno: un affresco indimenticabile di persone, idee, sentimenti. Rimane viva e palpitante nello spettatore La nostalgia di ciò che le due sorelle avrebbero potuto essere e dare l’una all’altra se il padre non avesse deciso di separarle per sempre in nome di una falsa idea di onore, nascondendo le lettere che Guida scriveva alla sorella, respingendo egoisticamente il loro bisogno di ritrovarsi, sottraendo loro libertà e sogni.

“Sono stato profondamente commosso dalla lettura del libro – racconta il regista – Ha innescato vividi ricordi della mia vita. Sono cresciuto nel Nord-Est del Brasile conservatore degli anni ’60, in una famiglia composta in maggioranza da donne, una famiglia matriarcale in un contesto iper-machista. Gli uomini erano spariti o spesso assenti. Ho perso mia madre nel 2015 ad 85 anni: era una madre single e non è mai stato facile per lei. Sentivo che la sua storia e le storie di molte donne della sua generazione non erano state raccontate abbastanza, erano in qualche modo invisibili. In una cultura patriarcale, ho avuto la grande possibilità di far parte di una famiglia in cui le donne avevano i ruoli principali.

Ciò che mi ha spinto ad adattare ‘La vita invisibile di Eurídice Gusmão’, era il desiderio di rendere visibili molte vite invisibili, come quelle di mia madre, mia nonna, le mie zie e tante altre donne di quel tempo. Le loro storie non sono state raccontate abbastanza, né nei romanzi, nei libri di storia né nel cinema. Come reagiva una donna negli anni ’50 quando aveva il suo primo rapporto sessuale con il marito? Com’era non voler rimanere incinta prima dell’avvento dei contraccettivi? Come poteva una madre single crescere un bambino in un ambiente che la escludeva in un modo così brutale? La sfida consisteva nell’affrontarle da un punto di vista intimo ed il romanzo lo fa con grande intelligenza”.

Il film, prodotto da Rodrigo Teixeira di Rio de Janeiro e dalla sua RT Features, in collaborazione con il produttore tedesco The Match Factory, è stato girato nelle location di São Cristóvão, Estácio, Tijuca, Santa Teresa. Nel cast, oltre al ruolo delle protagoniste che ha evidenziato due attrici splendide ed intense, Carol Duarte nei panni di Eurídice Gusmão e Julia Stockler in quello di Guida Gusmão, sono da segnalare l’attore Gregorio Duvivier, nel ruolo di Antenor Campelo, il marito contabile di Eurídice, che cerca in tutti i modi di dissuaderla dalla sua attività di pianista, sostenendo la tesi della morte di Guida, per tenerla legata alla famiglia e
la partecipazione straordinaria della grande attrice brasiliana  Fernanda Montenegro, che interpreta Eurídice Gusmão  ormai anziana.

 “Ero intenzionato a raccontare una storia di solidarietà – continua il regista – una storia che sottolineasse il fatto che siamo molto più forti insieme di quanto lo siamo da soli, indipendentemente da quanto potremmo essere diversi. Ho immaginato un film con colori molto saturi, con l’obiettivo molto vicino ai personaggi, che palpitasse con loro, un film pieno di sensualità, di musica, di dramma, lacrime, sudore e mascara, ma anche un film gravido di crudeltà, violenza e sesso; un film che non avesse paura di essere sentimentale, più grande della vita stessa – un film che battesse con i cuori delle mie due amate protagoniste: Guida ed Eurídice.”

Un’opera d’arte sull’emancipazione femminile, sulle ribellioni segrete e su quelle realizzate, sulla sofferenza e la solitudine delle donne di fronte al machismo.

Da non perdere.

[Fonte: Noi Donne]

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