Ce li ha già ben descritti nei suoi film Ken Loach – il noto regista britannico cantore degli ultimi e della classe operaia – certi meccanismi perversi con cui i Servizi Sociali in alcuni Paesi, come la Gran Bretagna, portano via con solerzia i figli alle famiglie cadute in disgrazia, laddove i genitori hanno perso il lavoro e non possono assicurare ai propri figli il tenore di vita che tutti i bambini meriterebbero ma: chi decide se un genitore fa bene il suo lavoro? e quanto e come potrebbero essere d’aiuto e supporto le istituzioni prima di togliere i figli a quei genitori amorevoli (non tutti lo sono, certo, ma molti sì) che però si trovano in serie difficoltà economiche?

A questi temi, con uno sguardo crudo che non concede nulla alla spettacolarizzazione ma entra invece nella storia e nel dolore di una famiglia portoghese immigrata in maniera quasi documentaristica, ci avvicina Listen, toccante opera prima della regista portoghese Ana Rocha de Sousa, che entra a pieno titolo nella lunga tradizione di film ambientati nel Regno Unito ed incentrati su drammi sociali.

Distribuito in Italia da Lucky Red, il film narra le difficoltà economiche della famiglia di Bela e Jota, e dei loro amatissimi tre figli, che abitano in una squallida periferia londinese, richiamano l’attenzione dei Servizi Sociali quando alla secondogenita della coppia, la dolcissima Lu, sorda a causa di una meningite, si rompe l’apparecchio auricolare e la famiglia non ha i soldi per farlo aggiustare.

La scuola s’indigna e segnala il problema ai Servizi che, invece di aiutare la famiglia, inviano la polizia a portare via i bambini ed iniziano immediatamente le pratiche per farli adottare, in particolare la piccola Jess, che ha 12 mesi ed è richiestissima sul ‘mercato’ delle adozioni e Diego, preadolescente coscienzioso e serio. La coppia disperata farà di tutto per cercare di riprenderli: sola in Tribunale e senza avvocati, perché non ci sono soldi per pagarli, spiegherà al giudice con rabbia e passione le proprie ragioni, decisa a ritrovare i propri figli (con l’aiuto di un’associazione che agisce nell’ombra) e poi a tornare in Portogallo, lontana da un Paese ormai ostile.

Al centro del film l’incapacità di ascolto – da cui il titolo – incarnata dalla condizione di sordità anche fisica della bambina, e soprattutto delle istituzioni, rappresentate da persone che, nel nome del protocollo e della burocrazia, agiscono in modo distratto, ingiusto e spesso apertamente incompetente, forse loro stesse abbandonate dal ‘sistema’ ma certamente non amichevoli per scelta e incapacità professionale.

“Ho sentito la necessità di realizzare Listen non solo come cineasta, ma anche come madre – ha raccontato la regista – le forme e le sfumature dei diversi lati di una storia, come una sorta di danza tra giusto e sbagliato, mi interessano molto. La cultura e la vita ci strutturano per farci comportare correttamente e rientrare in determinate categorie, ma nulla è esattamente ciò che sembra. Non è così semplice. La capacità di entrare nei panni di qualcun altro può favorire un cambiamento. Valutare in modo astratto spesso dà adito a errori. La separazione come misura preventiva è un punto interrogativo per le mie convinzioni. L’unione, il sostegno e la compassione possono far ottenere risultati migliori. Questo film per me è una dolorosa esplorazione del modo in cui vediamo, di ciò che giudichiamo o crediamo e di cosa è effettivamente vero.”

Già presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2020, nella sezione Orizzonti, dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria e il Leone del Futuro per la migliore opera prima, il film è disponibile dal 7 maggio sulla piattaforma on demand MioCinema.

[Fonte: Noi Donne]

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