Napoli Eden di Bruno Colella racconta del percorso artistico di Annalaura Di Luggo e del lavoro creativo per realizzare quattro opere monumentali con l’alluminio ricliclato in quattro luoghi simbolo della città partenopea. Alla costruzione materica delle opere partecipano ragazzi  dei Quartieri Spagnoli, sottolineando il merito inclusivo oltre che ambientalista di queste grandi opere della Di Luggo.

In Italia, da una quindicina di anni almeno, c’è stato il grande ritorno della forma documentaristica come mezzo di espressione della realtà sociale e di narrazione delle mutazioni antropologiche del nostro Paese. Quello che poi, con una formula abusata, è stato definito Cinema della Realtà, perseguito da un arcipelago di autori che lo hanno declinato in varie forme, si è posto come un polo alternativo al cinema di finzione che sempre meno riusciva a focalizzare ed a definire il mondo che cambiava.

Un cinema della realtà, che però spesso ha mostrato i limiti, i confini, di quel ghetto realista/neorealista, fintamente reale in cui è andato a rinchiudersi. I temi sociali trattati, spesso sempre gli stessi e con lo stesso pietismo “peloso”, il fingersi “vero” quando invece è sempre ricostruito cinematograficamente con soggetti e canovacci, se non sceneggiature, ne ha svelato una natura ambigua se non decisamente ingannatrice.

All’interno di questo Cinema della Realtà, di questo Nuovo Documentario Italiano, ci sono anche delle eccezioni; autori che, pur provenendo da altri contesti, da forme di spettacolo meno politiche ed impegnate, hanno saputo culturalmente e potuto produttivamente distinguersi dal grande blocco “neorealista”, quel cotè ideologico imperante in cui la maggior parte dei documentaristi attuali è cresciuta e dal quale non ha gli strumenti espressivi e creativi per evadere.

Uno di questi registi eccentrici è Bruno Colella, uomo di spettacolo eclettico, “leonardiano”, musicista, attore, autore e regista teatrale, cinematografico, di videoclip ed appunto di “documentari”. Tra virgolette, perché i suoi lavori sono in realtà  racconti vissuti nella massima libertà creativa, all’interno dei quali persone reali interpretano deliberatamente scene di finzione mentre personaggi noti, musicisti o attori, vengono colti in momenti di realtà, ribaltando i canoni classici della messa  in scena.

Il mondo che Colella racconta è spesso quello della Napoli artistica, della scena musicale e teatrale e dell’arte contemporanea, ambiti dei quali è stato protagonista, partecipe  quando non mattatore. Una Napoli spesso borghese, aristocratica più che benestante, di certo di una aristocrazia culturale. La Napoli di Posillipo o del Vomero di Colella paradossalmente molto più vera dell’immaginetta retorica della Napoli di Scampia e Secondigliano dei tanti prevedibili e conformisti registi, scrittori affermati che ne suggono parassitariamente gli umori vitali.

Colella non indugia, però, minimamente sulla facile presa zavattiniana dei bambini, perduti e poi recuperati grazie al coinvolgimento nel “bello”. Al regista interessa il coinvolgimento dei critici d’arte, dei suoi amici di sempre, come Eugenio Bennato, Nino Frassica, Enzo Gragnaniello, come in altri suoi film-documentari di Achille Bonito Oliva con cui spesso ha lavorato. A Colella interessa la Napoli “ricca” di Palazzo Donn’Anna, degli yacht nel Golfo, dei vernissage e di un Mondo che stranamente riesce a raccontare non così lontano da quello dei ragazzi di strada e della “munnezza” di cui si serve, nella forma nobile del riciclo anche Annalaura Di Luggo.

Insomma, Napoli Eden è opera imprevedibile e libera, originale ed anticonformista, lontana, come tutto il lavoro di Colella, da cliché formali e sostanziali del cinema e del documentario italiano. Un film che si sovrappone isomorficamente con il lavoro plastico della Di Lugo, amplificandone le potenzialità. Quasi che, nella conclamata civiltà delle immagini oramai 4.0  ogni opera d’arte anche contemporanea, moderna, avesse bisogno di un suo racconto per immagini per spiegarne il senso e per far appassionare i possibili fruitore, “invitandoli ad un viaggio”.

In quest’opera meritevole si fondono, quindi, inclusione ed ambiente (Di Luggo), creatività e libertà (Colella).

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4Comments

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  1. 1
    Антон

    Спасибо вам большое за информацию. Не могу не поделиться приятными впечатлениями о работе сотрудников поддержки пинап кз

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