I limoni d’Inverno, bel film di Caterina Carone con Christian De Sica, Teresa Saponangelo e Luca Lionello, presentato alla recente Festa del Cinema di Roma 2023 e distribuito nelle sale italiane, dal 30 Novembre, da Europictures apre ad una serie di riflessioni tematiche e di estetica cinematografica che vanno oltre il notevole valore del film e dei suoi interpreti.
L’opera della Carone non è il primo film che affronta il dramma intimo e struggente del Morbo di Alzheimer, tragedia della sottrazione della memoria e degli affetti che colpisce sia le persone che ne sono affette che amici, amori, familiari che ne sono indirettamente affetti.
Ogni uomo, ogni donna è un transitorio patrimonio dell’umanità, un big data di sentimenti, saperi, emozioni, forse siamo le memorie di esterne Dio. Siamo hard disk da cui ognuno può attingere conoscenze, esperienze, sensazioni.
Poi qualcuno, forse Dio, prima della nostra fine naturale, disinnesca queste memorie, gli hard disk iniziano a perdere dati fino alla totale afasia digitale, il laser non riesce più a leggere i microsolchi danneggiati o nuovi programmi di criptazione rendono indecifrabili i file di queste memorie che oramai vivono in un hard disk tutto loro.
Ripeto, I limoni d’Inverno non è il primo film che tratta questo argomento ma probabilmente è quello che lo fa nel modo più struggente e trattenuto e, forse proprio per questo, commovente.
Il dramma dell’anziano professore interpretato da un dolcissimo e “gozzaniano” Christian che, nel momento in cui scopre di essere colpito da questa malattia al tempo stesso privata e sociale, tocca anche quell’ ultima neve di Primavera che è un imprevedibile rapporto di amicizia, d’amore platonico, con una nuova vicina di casa. Entrambi dirimpettai appassionati della minimale botanica da terrazzo, disquisiscono di piante e fiori come metafora delle stagioni della vita, quella del professore che va verso l’appassimento mentre la sua vicina forse verso una nuova fioritura.
La regia della Carone è discreta e mai invadente, accompagna cuori ed anime di personaggi che si legano sempre più con una maledetta malattia che insidia dolorosamente un sentimento accennato tra le righe d’un quaderno su cui non ci sarà più scritto nulla. Christian De Sica è nel suo primo ruolo da protagonista profondamente tragico più che drammatico. De Sica decide di giocarsi la sua interpretazione tutta di sottrazione, coadiuvato dai primi piani della Carone sul suo volto dove le emozioni tenere e malinconiche si alternano alla paura ed all’orrore per la sua condizione di depauperamento intellettuale.
Il primo piano melodrammaticamente desaturato eppure così emozionante di Christian De Sica ha il suo momento cinematograficamente più alto nel finale di Luci della città e nel volto di Chaplin o in quella smorfia tra riso e pianto di gioia di Totò nel finale de Il guappo, l’episodio più toccante de L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, cognome d’oro che qui ritorna.
Christian e la Carone puntano in alto, non sono certo gli Dei del cinema ora nominati, ma affidano al pathos emozionale della storia e della regia la forza di supportare il volto dell’attore romano a farlo vibrare paradossalmente di una irrimediabile perdita, di uno svuotamento, del fallimento e della caducità degli essere umani. Il gioco di sottrazione di Christian trova compensazione nella vitalità problematica del personaggio specchio del professore, la vicina di casa interpretata da una sempre più credibile e misurata Teresa Saponangelo. La prima a soffrire a causa della Parca che inizia a tagliare i fili del professore con il mondo dei viventi.
Quel rapporto di tenera amicizia che lei credeva fosse l’alba di qualcosa, in realtà è l’ultimo raggio verde nella vita del professore. Una menzione speciale anche agli altri coproagonisti, in particolare Luca Lionello, sempre più affetto da “Mastroiannite” qui nei panni del fratello del professore e che riesce a giocare con grande naturalezza con ruoli difficili come questo, quello di un Caronte che riesce a traghettare con grande dolcezza il fratello nel regno delle ombre.
Un ruolo che non sembra recitato ma che pare inverarsi come vita vera capitata casualmente davanti ad una cinepresa, dando luce e verità anche agli attori che lo affiancano.
Speriamo che I limoni d’Inverno non sia il caso isolato di un raro film di impegno civile ma non politico e che possa proseguire il suo percorso la talentuosa Caterina Carone, questo inedito Christian De Sica e le grandi conferme di Teresa Saponangelo e Luca Lionello.
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