Candidato dal Messico agli Oscar 2024 come Miglior Film Internazionale, Tótem – Il mio sole di Lila Avilés è nelle sale italiane dal 7 Marzo, distribuito da Officine Ubu.

Sol, sette anni, viene accompagnata dalla mamma nella grande casa del nonno, per aiutare le zie e i cugini a organizzare la festa di compleanno a sorpresa per l’amato papà, un giovane pittore malato.

Mentre la luce del giorno svanisce, un’atmosfera strana e caotica prende il sopravvento e l’arrivo dei numerosi amici e parenti mette a dura prova i legami che tengono unita la famiglia.

Con il passare delle ore, nella piccola Sol cresce l’impaziente attesa per la celebrazione del compleanno del papà, per il quale lei e la madre hanno in serbo un regalo speciale. Il padre di Sol, però, tarda a uscire dalla stanza del piano di sopra, nonostante le insistenti richieste della figlia.

Mentre aspetta di poter esaudire il suo desiderio più grande, Sol capirà a poco a poco che il suo mondo sta per cambiare per sempre.

Totém, secondo lungometraggio della regista messicana, presentato alla Berlinale 2023, ove è stato premiato con il Premio Ecumenico al Miglior Film è, senza alcun dubbio, un film di donne girato, con estrema sensibilità ed eleganza stilistica, da una donna.

Le figure maschili sono decisamente, tristemente ed oserei scrivere intenzionalmente bidimensionali e ciò è quasi paradossale, visto che l’intera storia ruota intorno ad un giovane uomo morente.

In realtà, sembra di trovarsi di fronte ad un documentario perché l’iper-realismo ed il passo inesorabilmente lento, alla Fratelli Dardenne, dei primi 40 minuti, emblematicamente rappresentativo dell’atmosfera rarefatta, claustrofobica ed opprimente che affligge l’intera casa (quasi teatro filmato) sono difficilmente sopportabili.

Poi, grazie ad un’abile maestria registica, il tono muta e la festa è una delle scene cinematograficamente più intense e perfettamente realizzate che mi sia accaduto di vedere in anni.

Una catarsi assoluta, un poderoso “fottiti” gridato alla morte, inevitabile e quindi meritevole di sbeffeggio.

Gli ultimi 20 anni, dolorosissimi ed impeccabili, ci conducono per mano verso il prevedibile finale.

Menzione speciale per la giovanissima, straordinaria protagonista Naíma Senties, il cui sguardo regge l’intera struttura narrativa, elevando il film al cielo.

Ecco a voi le parole della bravissima Lila Avilés che ci racconta il suo film.

“Ciò che mi interessava in Tótem – Il mio sole era ritrarre la vita di tutti i giorni da un punto di vista molto intimo, che permettesse di guardare dentro le cose. Mi piacciono i microcosmi, l’essenza delle cose, le matrioske, le piramidi, le cose che contengono altre cose. Poiché il tema centrale era il concetto di casa, ambientare il film in un unico posto è stata la mia risposta immediata alla semplice premessa del film. Non era mia intenzione girare un film ambientato in un’unica location, è semplicemente successo. Tótem – Il mio sole è la storia di una famiglia e dei loro amici. Per questo sapevo anche che dovevo porre l’accento sui personaggi e sul modo in cui comunicano.

Amo il gergo e i dialetti. Anche quando sono solo chiacchiere, contengono una carica e un’espressione uniche. Danno la sensazione che le parole contano davvero, e che possono diventare micro universi all’interno del linguaggio stesso. La maggior parte delle famiglie ha modi di comunicare unici che sono quasi come una lingua a sé. Non parli a tuo padre nello stesso modo in cui parli a tua madre o ai tuoi fratelli o sorelle. Questa diversità mi affascina, anche se è molto difficile da trasmettere, ma l’energia delle parole m’interessa molto.

La bravissima regista Lila Avilés.
La bravissima regista Lila Avilés.

Ogni volta che una specie animale o una lingua si estingue, perdiamo un pezzo del puzzle universale, un pezzo della nostra storia che non potrà mai più essere ritrovato. Il genoma di una specie è una sorta di manuale. Quando la specie muore, il manuale si perde, sia che si tratti di una formica o di un rinoceronte. Dimentichiamo che siamo animali. Oggi l’estinzione avviene così spesso che sembra che ci siamo abituati.

La vita e la morte sono una dualità, proprio come saggezza e ignoranza, dentro e fuori, giorno e notte, sole e luna, luce e oscurità, yin e yang.

Un’altra dualità che m’interessa profondamente è quella del tempo e della durata. Il tempo misurato e la nostra percezione del suo trascorrere sono molto diversi, anche se entrambi descrivono un’identica sequenza di eventi.

Tutti abbiamo vissuto giorni che sembrano mesi e giorni che passano in pochi secondi. La nostra percezione del tempo è spesso plasmata dagli spazi che abitiamo mentre il tempo passa.

Sento che c’è un senso concreto nel concetto di un continuum spazio-temporale postulato dalla Teoria della Relatività. Poiché modellano il nostro senso del tempo, i luoghi che abitiamo non sono esterni a noi. Piuttosto, dobbiamo trovare questi luoghi anche dentro di noi, con tutte le nostre imperfezioni e indipendentemente da genere, religione, paese, status…

Trovare questa nostra vera dimora è un processo di sottrazione, una riduzione e concentrazione sull’essenziale.

Come diceva Tolstoj: ‘La verità, come l’oro, non si ottiene dalla sua crescita, ma lavando via da essa tutto ciò che non è oro’. E mentre la verità stessa può sembrare sfuggente, una volta scesi all’essenziale, ci si ritrova nelle parole di Cassavetes: ‘Tutto riguarda l’amore’.”

L’opera più anticommerciale che sia giunta nelle nostre sale da tanto, troppo tempo e… non possiamo che esserne profondamente grati perché Tótem – Il mio sole è grandissimo cinema.

Una visione imperdibile.

 

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