Oppenheimer, ultimo lungometraggio del brillante Christopher Nolan distribuito da Universal Pictures Italia, ci racconta la figura di colui che è da sempre conosciuto come il padre della bomba atomica.
La pregevole opera di Nolan è stata l’asso pigliatutto degli Oscar 2024, con 7 statuette su 13 nomination principali: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista (Cillian Murphy), Miglior Attore Non Protagonista (Robert Downey Jr.), Miglior Montaggio (Jennifer Lame), Miglior Colonna Sonora Originale (Ludwig Göransson) e Miglior Fotografia (Hoyte van Hoytema).
Una pellicola di grande attualità per un pianeta in crisi, in bilico tra climate change e teatri di guerra.
Le scelte registiche risulteranno molto audaci e complesse per tutti quegli spettatori che sanno poco o nulla di questa figura storica ma, in tre ore di film che sembrano tre minuti, l’abile cineasta è riuscito a condensare la storia dell’uomo che ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo della bomba ed alla preparazione dei due ordigni sganciati sul Giappone, nonostante i dubbi sollevati da molti collaboratori al progetto e dello stesso Oppenheimer.
Basato sul libro American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer, autorevole biografia del 2005 di Kai Bird e Martin J. Sherwin (pubblicata in Italia da Garzanti con l’essenziale titolo Oppenheimer), il film affronta l’intera storia del Progetto Manhattan, le sue origini e la vita privata dello scienziato.
La visione di Nolan è un alternarsi di flashback: dal processo negli anni ’50 al sospetto di comunismo, ai primi passi del giovane scienziato nel mondo della fisica, fino a diventare colui che riunirà gli scienziati destinati a realizzare l’arma finale, quella che potrebbe persino distruggere il mondo, secondo i calcoli dello scienziato Edward Teller (futuro padre della bomba all’idrogeno).
La pellicola è un fiume in piena di personaggi e dialoghi serrati con dati tecnici che si cerca di semplificare per gli spettatori; tantissimi attori, anche di grido, relegati in piccole parti, quasi camei, per dare in realtà ampio spazio all’interpretazione di Cillian Murphy nel ruolo di Oppenheimer ed a Robert Downey Junior nei panni di Lewis Strauss, l’ex capo della Commissione dell’Energia Atomica.
Il film si avvale anche di un accattivante bianco e nero per mostrarci tante scene del dopobomba, il tutto realizzato con la solita maestria dal direttore della fotografia di fiducia di Nolan, il talentuoso (ora anche Premio Oscar) Hoyte van Hoytema.
Il resto del cast è composto da volti noti, rassicuranti per il regista e “facili” per lo spettatore, al fine di trasmettere i principi della fisica nel modo più empatico possibile: Niels Bohr (uno dei fisici più importanti nello sviluppo della Bomba) è interpretato da Kenneth Branagh mentre Matt Damon veste i panni dell’ingegnere militare Leslie Groves.
Le figure femminili che ruotano intorno ad “Oppie” sono Jean Tatlock, una tempestosa amante comunista interpretata da Florence Pugh e la seducente moglie, vittima dell’alcool, Kitty Harrison (Emily Blunt).
L’opera di Nolan affronta principalmente il dilemma morale che affliggerà Oppenheimer nell’arco della sua intera esistenza, in quanto novello Prometeo che ruba il fuoco agli Dei e poi ne rimane vittima, rendendosi conto di aver contribuito a spingere l’intero genere umano verso il baratro della distruzione totale.
Nei suoi “tre minuti di film”, il regista riesce abilmente ad evitare di mostrarci, se non in qualche scena fugace, cosa possa provocare il “fuoco atomico”; niente distruzione di Hiroshima o Nagasaki, quindi, ma soltanto una fredda discussione su quanti morti avrebbe provocato (tra i 100.000 e i 200.000), con la certezza che avrebbe potuto salvare molte vite evitando l’invasione del Giappone.
In realtà, gli storici hanno recentemente ben illustrato come la nazione si sarebbe arresa di lì a poco, a causa della totale mancanza di risorse, mentre l’utilizzo della bomba era ovviamente destinato, come ben racconta la pellicola, a mandare un messaggio preciso a Stalin ed all’Unione Sovietica.
Ecco a voi la preziosa videorecensione del grande Federico Frusciante.
Nolan sembra davvero non aver tralasciato niente.
Il suo film si fissa, rapidamente ed in modo permanente, nella memoria e diventerà uno di quei cult della Storia del Cinema le cui immagini verranno utilizzate nei telegiornali e nei documentari scientifici per ricordare la figura di Oppenheimer e la “nascita” della bomba atomica.
L’Orologio dell’Apocalisse, inventato (non a caso) nel 1947, ci ricorda quanto manca alla distruzione dell’umanità.
Al momento segna circa 90 secondi alla fine ma speriamo sinceramente che la storia cinematografica di Oppie convinca l’umanità a far arretrare le lancette.
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