Quella di Michele Avantario è una storia di travolgente passione per il cinema, per la musica, per l’Africa. La storia di un ragazzo che si fa uomo inseguendo per tutta la vita un sogno: realizzare un film sul mito carismatico e irraggiungibile di Fela Kuti. Con questo film provo a raccontare una storia semplice ma potente, quella di un ragazzo che si confronta con un mito vivente, tentando di realizzare un film impossibile. Una storia che suona, balla, fuma, ama, viaggia, che ha il sapore dell’Africa, della politica, degli anni 70 e che supera ogni forma di colonialismo, anche quello “interiore” che ancora oggi ci portiamo dentro
Fela, il mio dio vivente di Daniele Vicari, produzione Fabrique Entertainment e Luce Cinecittà con Rai Cinema in coproduzione con Lokafilm e Grasshopper Film, giunge oggi, 21 Marzo, nelle sale italiane, distribuito da Luce Cinecittà.
Primi anni ’80. Un giovane regista, Michele Avantario, incontra il grande musicista e rivoluzionario nigeriano Fela Kuti e da quel momento dedica la sua vita alla realizzazione di un film interpretato dallo stesso Fela.
Non ci riuscirà mai ma scoprirà qualcosa di più importante per lui: una nuova idea di esistenza.
Descrivere due figure così speciali come quelle di Fela Kuti e Michele Avantario è estremamente difficile. In estrema sintesi…
Fela Kuti – Cantante, compositore, sassofonista, tastierista, leader musicale, uomo politico e capo spirituale. Fela rimane uno dei più controversi musicisti e leader africani che ha lottato per i diritti dell’uomo malgrado le diffamazioni, le vessazioni e persino le innumerevoli carcerazioni da parte del governo nigeriano.
Durante una tumultuosa carriera, si è confermato come un eroe agli occhi di molti africani.
Ha conquistato il mercato internazionale producendo oltre 80 dischi dichiaratamente politici.
Michele Avantario – Filmmaker e videoartista italiano con una lunga esperienza in programmi tv e video musicali. Nato a Roma, amava la musica jazz ed africana, in particolare i ritmi afrobeat di Fela Kuti. Formatosi nell’ambito del cinema underground dal ’75, negli anni ’80 volge il suo interesse alla videoarte.
Esperto di musica africana, diventa, nel 1984, consulente musicale per il Festival “Ballo, non solo” e porta nello stesso anno Fela Kuti a Roma. Da quel momento in poi, inizierà una lunga amicizia con Fela, durata fino alla sua morte.
Il rapporto intimo con Fela e la sua famiglia lo introdurrà nella comune di Kalakuta, un privilegio che pochissimi bianchi hanno avuto.
Daniele Vicari ci racconta di come tutto ebbe inizio: “Quando Renata Di Leone mi ha raccontato la storia di Michele Avantario, in un incontro casuale alla Festa di Roma del 2019, ho immediatamente avuto la sensazione che fosse una storia che in quel momento avevo voglia di raccontare. È la storia di una passione travolgente per il cinema come strumento di conoscenza del mondo, funzione che il cinema a un certo punto ha totalmente delegato alla televisione e ad altri media.
Leggendo poi i suoi appunti sotto forma di diario, lasciato ai posteri con l’ansia che potesse essere una traccia per comprendere quella sua grande passione, mi sono convinto che la sua vicenda fosse anche qualcosa in più, perché l’incontro con Fela Kuti, con l’Africa più profonda e cosciente di sé, è stato anche un ribaltamento, tanto più inconsapevole quanto più radicale, del punto di vista colonialista che noi europei, anche quando animati dalle migliori intenzioni, non riusciamo a dismettere.
Per noi l’Africa, quando va bene, è un inferno dal quale salvare gli africani che scappano morendo nel deserto o in mare. Noi i demoni e i salvatori allo stesso tempo, loro i dannati della Terra. Uno schema nel quale restano ancora impigliati anche gli spiriti più eletti, illudendosi di fare chissà quale denuncia e finendo per rappresentare, purtroppo, solo i propri limiti.
Nei suoi appunti, Michele descrive Fela Anikulapo Kuti come una persona controversa di enorme carisma e talento e arriva a definirlo pubblicamente “Il mio dio vivente” il giorno del funerale, davanti a due milioni di persone ammassate per l’ultimo omaggio al loro Black President.
Per afferrare cinematograficamente la storia di Michele e del suo film impossibile, ho inizialmente provato a sprofondare nelle suggestioni di quei pochi grandi autori occidentali che hanno provato a raccontare l’Africa e la sua diaspora figlia dello schiavismo. Per esempio, Maja Deren, che con i suoi film straordinari girati ad Haiti fu lei stessa “accompagnata” da una figura guida, da uno spirito-guida, e che si è immersa, perdendosi, nel mondo del voodoo.
Oppure Jean Rouch, che con il film Les maîtres fous sconvolse la comunità stessa degli scienziati ed etnologi occidentali, oltre che il pubblico, raccontando un sacrificio animale come esorcismo del male assoluto indotto dalla colonizzazione. Il maestro del documentario francese in particolare ricorre negli appunti di Michele, come punto di riferimento da seguire e allo stesso tempo da demolire, attraverso il famoso incontro/scontro con Ousmane Sembene, grande cineasta senegalese, cosciente fino in fondo dei guasti del colonialismo, anche quello dalle “migliori intenzioni” di Rouch.”
Il regista è riuscito in un’impresa di rara complessità: riuscire a trasmettere l’energia ancestrale dell’Africa ed il sentire di una generazione che ha vissuto esperienze irripetibili ed uniche a noi spettatori che non le abbiamo vissute e non eravamo parte di quell’epoca incredibile, sotto ogni punto di vista.
Fela, il mio dio vivente è un documentario ma sono orgoglioso di scrivere che ciò che vedrete davanti ai vostri occhi è anche grandissimo cinema; un’esperienza visiva ed umana unica che, come accadde a Michele Avantario – senza il quale noi oggi, probabilmente, non avremmo avuto il sommo privilegio di conoscere questa storia incredibile – ci farà uscire dalla sala cambiati in meglio.
Auguro tutto il meglio all’eccezionale Daniele Vicari ed al viaggio sugli schermi di questa storia unica.
Una visione imperdibile.
+ There are no comments
Add yours