Lunedì 3 Giugno, al Cinema Mexico di Milano, la regista Vanina Lappa presenterà Nessun posto al mondo, il suo secondo documentario, proiettato al 72° Trento Film Festival e vincitore del Premio del Pubblico al 64°Festival dei Popoli
Dopo decenni di transumanze, il pastore Antonio non può più portare i suoi animali sulla “montagna sacra”, a causa di nuove leggi imposte dal villaggio. Malgrado conflitti che vanno sempre più inasprendosi, Antonio cerca di resistere per mantenere il suo posto nella comunità.
L’opera è stato prodotta da Alessandro Borrelli per La Sarraz Pictures e la stessa Vanina Lappa, con la produzione creativa di Serge Lalou per Les Film d’ici Méditerranée.
Ha il sostegno di Les Film d’ici Méditerranée, Regione Campania, Film Commission Torino Piemonte, In Progress Milano Film Network ed Atelier Milano Film Network.
Al termine della proiezione, la regista risponderà alle domande del pubblico presente in sala.
Ecco l’opera descritta da Vanina Lappa: “Attraverso il mio primo film [Sopra il fiume – 2016], mi sono addentrata nelle dinamiche di paese di un piccolo villaggio dell’entroterra del Cilento. Mentre giravo è nato il desiderio di realizzarne un secondo. Capivo che oltre il villaggio, verso le campagne e nella montagna, c’era un territorio altro, fatto da un dialetto tanto incomprensibile, quanto le leggi che lo abitano.
Un luogo popolato da donne uomini piante e animali che convivono in un paesaggio fuori dalle istituzioni e dalle leggi del villaggio, dove l’esterno, a cui inconsapevolmente si resiste, è un mondo parallelo.
Entrare in questo mondo è stato il desiderio che mi teneva ancorata a fare questo film, ma ciò che mi ha fatto proseguire questo percorso è stato l’incontro con Antonio, il protagonista, un uomo che attraverso il rapporto con gli animali sembra trovare un posto che tra gli uomini e le loro leggi non riesce ad avere. Per lui la natura è una promessa di libertà per la quale paga un caro prezzo.
Il cinema è stato un modo per accedere a questo mondo, l’osservazione era un punto di partenza ma non una finalità. Volevo farne parte, imparando il suo linguaggio per dimenticare il mio, per vivere attivamente quel paesaggio, per coinvolgere in maniera attiva le persone che filmavo, non per fare un film su di loro, ma per fare un film con loro.”.
Antonio è un pastore dallo spirito libero che parla la lingua degli animali.
Quando scende a valle, lungo gli antichi sentieri della transumanza, i compaesani lo rimproverano: i suoi cani sono senza collare, ma lui il collare ai suoi cani non lo metterà, pagandone amare conseguenze. Nonostante l’inasprirsi dei conflitti Antonio non smetterà di lottare per cercare il suo posto nel mondo, trovando nella natura, malgrado tutto, una promessa di libertà.
Antonio è un pastore ribelle, un anti eroe che lotta per trovare il suo posto nel mondo tra conflitti interiori e la comunità a cui appartiene. Nessun posto al mondo è come la sua montagna sacra dalla quale viene bandito. Attraverso una moderna tragedia-western il protagonista ci farà scoprire un entroterra remoto e ancorato, in modo ineluttabili, a misteriosi e arcaici rituali.
Dopo che una mia amica mi parlò del Cilento, andai a girare un cortometraggio in quelle zone e lì conobbi Antonio.
Nessun posto al mondo racconta la sua storia, quella di un pastore che non riesce a far convivere le sue leggi interiori con quelle della comunità. I compaesani di Antonio si concedono la trasgressione di ‘uscire dagli schemi una sola notte all’anno per la processione della Madonna: tra urla, grida, spari, questo pellegrinaggio è il modo del villaggio per spogliarsi delle regole sociali e ritrovare l’animalità.
La vicinanza al mondo rurale ha sollevato in me questioni e riflessioni quali: come si può salvaguardare la propria parte animale facendo parte della società?
È possibile o ‘nessun posto al mondo’ lo permette?
Ho iniziato così a filmare, ho vissuto la storia di un luogo e ho partecipato al dramma intimo di un singolo che echeggia in un dramma collettivo: ho constatato infatti che i pastori di questo territorio, guardiani delle tradizioni legate ai ritmi della natura, stiano assistendo alla fine di un mondo.
Antonio è il filo rosso di questa storia e il testimone di questo territorio, il personaggio attraverso il quale guardare questa parte di mondo.”
Un’opera seconda, matura e di valore, di cui auspichiamo il ritorno in sala. 😉
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