Il film di apertura della 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, è lo splendido Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre, dal 31 Ottobre al cinema grazie a Lucky Red; primo titolo del Concorso Progressive Cinema.

Grande protagonista, il lanciatissimo e (politicamente) impegnatissimo Elio Germano che ci ha già regalato grandi prove attoriali, interpretando numerosi personaggi storici: Giacomo Leopardi, il pittore Antonio Ligabue, un noto mafioso e molti altri.

Qui dà volto e voce ad uno dei più celebri e amati esponenti politici italiani, quell’Enrico Berlinguer ai cui funerali partecipò un milione e mezzo di persone, molti in preda a sincera commozione per la prematura scomparsa di un gigante della politica.

Il film ripercorre gli anni forse più intensi di Berlinguer, vissuti in un contesto internazionale tumultuoso e gravido di incognite: dal golpe cileno del 1973 al sequestro Moro del 1978.

Anni terribili, nei quali il Segretario del più grande Partito Comunista occidentale si impegna a fondo per l’affermazione degli ideali politici e dei soggetti sociali che ha il compito di rappresentare, lottando contro avversari e nemici molto insidiosi.

Alla tensione politica fanno da contrappunto alcuni delicati quadretti di famiglia, con le figlie – in primis quella che diventerà un noto volto televisivo, Bianca – il figlio Marco e la moglie Letizia (Elena Radonicich), che pensava di aver sposato un “grigio funzionario di partito” ma si è poi ritrovata accanto una delle più importanti figure politiche della storia recente.

Qui Enrico/Elio mostra tutta la sua profonda umanità, frutto di un’educazione d’altri tempi, dove sobrietà e frugalità erano la norma, nonché di un contesto storico distante anni luce da quello attuale: bellissima la gag del ritrovamento del biglietto da 50mila lire all’interno di un libro di Rosa Luxemburg che aveva nella sua biblioteca.

Enrico coccola la figlia più piccola, gioca a pallone con il ragazzo, parla apertamente di temi scottanti con la famiglia riunita, dà persino una mano a lavare i piatti… ma soprattutto dimostra il suo integerrimo attaccamento alla “Causa”, scendendo nelle periferie degradate in lotta, visitando sezioni e fabbriche, partecipando a pranzi sociali, intrecciando la sciabola del confronto politico con tutti, dai temibili gerontocrati del PCUS (non indietreggia neppure di fronte al leader supremo Breznev) ai politicanti nostrani, da Amintore Fanfani a Giulio Andreotti.

Nella conferenza stampa seguita alla proiezione, Andrea Segre e lo sceneggiatore Marco Pettenello hanno affermato di aver pensato a questo film ritenendo incredibile che il cinema italiano non avesse ancora raccontato non solo la figura di Berlinguer ma anche e soprattutto quel terzo di italiani che, in un periodo storico lungo e cruciale, si sono riconosciuti nell’ideale comunista.

“Abbiamo cominciato leggendo un paio di biografie e scrivendo qualcosa. Poi siamo passati alle interviste, e abbiamo incontrato tante persone: figli e parenti, gli uomini della scorta, i politici ancora in vita. C’era sempre qualcuno che si commuoveva. E drammaturgicamente poteva essere un problema: come si fa a restituire un personaggio privo di difetti?”

Il film è caratterizzato da un ampio ricorso a materiali d’archivio, sapientemente innestati nella narrazione: la sfida di accostare gli elementi del repertorio e della fiction comporta sempre il rischio di rompere il confine tra verità e finzione, “due termini orrendi…”, ha chiosato Segre, citando il meticolosissimo lavoro produttivo e di montaggio che ha svolto insieme a tutto il team tecnico:

“Lì si giocava la tenuta del film: un dialogo costante tra messinscena e repertorio. Per questo ci siamo ispirati a Milk di Gus Van Sant”.

Quanto agli interpreti, interessanti le risposte sul lavoro attoriale necessario per restituire personaggi storici di cosiffatto spessore.

Elio Germano, e non è stato il solo, ha scelto di non forzare sull’immedesimazione fisica con i vari esponenti. L’attenzione è stata posta – con profondo rispetto, quasi con un approccio storiografico – sull’approfondimento delle questioni che, via via, venivano poste sul tavolo della direzione del Partito e degli altri luoghi di discussione politica.

Resta molto importante, comunque, il linguaggio del corpo – pur senza voler fare imitazioni: “La prossemica anche involontaria di Berlinguer ci racconta del peso della responsabilità, di una non attenzione all’esteriorità… vedi ‘sti capelli che se ne vanno da tutte le parti!”.

Alla domanda sulle differenze tra i politici di oggi e quelli di allora, saggiamente Germano risponde: “Sposterei l’accento sulla società tutta, molto più individualista; vale per tutte le categorie, medici, attori, insegnanti, giornalisti…”.

E infine: “Per me si sta meglio quando si condivide ciò che abbiamo con gli altri; le posizioni della destra sono, guarda caso, le stesse del ‘mercato’”.

Per Elio Germano, l’invito è quello ad arricchirsi, sì, ma non di beni materiali, quanto piuttosto dello sviluppo morale e finanche spirituale di cui parla la nostra Costituzione Repubblicana.

Una visione da non perdere!

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