La Festa del Cinema di Roma 2024 ci ha offerto, come già nelle precedenti diciotto edizioni, numerosi ed appassionanti sguardi sul mondo, contribuendo così a sprovincializzare una scena culturale nostrana, troppo spesso prigioniera dei propri, consolidati, cliché.

Uno squarcio di luce sull’America Latina è stato rappresentato da Querido Trópico, opera prima di Ana Endara; si tratta di una co-produzione Panama-Colombia, con un cast tutto al femminile: oltre alla regista, abbiamo infatti un formidabile duetto di protagoniste, Paulina García e Jenny Navarrette, affiancate da un’efficace e puntuale comprimaria, Juliette Roy.

Siamo nei sobborghi residenziali di Panama City (il nome originale in spagnolo è Nuestra Señora de la Asunción de Panamá), dove il lussureggiante giardino tropicale di una villa privata è il perfetto terreno di incontro/scontro tra due donne profondamente sole: la giovane Ana María e l’anziana Mercedes, chiamata dalla rampante figlia Jimena con il diminutivo “Mechi”.

Ana María è un’immigrata colombiana, portatrice di una gravidanza circondata dal mistero, donna soltera, che cerca di guadagnarsi la vita e di regolarizzare il proprio status giuridico nello Stato panamense. Mercedes, matriarca a capo di una grossa impresa locale, è affetta da una forma iniziale di demenza che la rende volubile, instabile, talvolta crudele ma capace anche di manifestazioni di affetto verso la giovane che le è stata messa accanto.

Diretto da Ana Endara, documentarista originaria di Panama al suo debutto nel cinema di finzione, Querido Trópico, presentato in anteprima mondiale alFestival di Toronto 2024, è un’opera delicata che poggia la sua forza sulla relazione – all’inizio fredda e diffidente, poi via via più calda e intensa – tra due donne che i rapporti sociali collocano su due universi paralleli.

La storia di Ana María e Mercedes è simile al clima di quelle latitudini, imprevedibilmente mutevole ma, al tempo stesso, affascinante e sensuale, come l’acquazzone tropicale che suggella l’intesa tra le due donne, fino all’epilogo inevitabile di una separazione conforme ai rispettivi destini.

Spostiamoci in Europa, ai margini del continente, in quella penisola scandinava così distante, anche culturalmente, dalla maggior parte degli altri paesi, a partire dalla lingua: qui troviamo una storia ambientata nella Finlandia rurale, assai lontana dalla frenetica Helsinki.

Nella cittadina di Sysmä due sorelle, Taina (Pirjo Lonka) e Pirkko (Elina Kinhtilä) si dedicano, anima e corpo, a produrre e degustare la birra artigianale finlandese (sahti in ugrofinnico), rigorosamente secondo la tradizione.

I 100 litri di birra del titolo sono il quantitativo minimo richiesto per il suo matrimonio dalla loro terza sorella, quella “più civilizzata” (sta per sposarsi con un artista visivo della capitale). A differenza di lei, le formidabili Pirkko e Taina sono rozze ed alcolizzate; la prima, in particolare, incute timore, soprattutto quando va in giro per il paese con una roncola che non esita a brandire quando qualcuno manca di rispetto a lei o alla sorella.

Sembra che il rispetto, in quella parte di Finlandia, sia collegato soltanto alla produzione ed allo smercio della birra, allegramente prodotta da molti degli abitanti del villaggio, tra i quali il detestabile cugino delle due protagoniste che contende alle sorelle il primato di qualità del sahti.

Le avventure tragicomiche che si svilupperanno in crescendo sino alla celebrazione nuziale portano alla luce le dinamiche relazionali tra i diversi personaggi, avvolti in una nebbia di alcol (noto problema sociale dei popoli nordici) che, forse, si dissolverà grazie all’affetto che li lega.

Noto al pubblico della Festa del Cinema di Roma per La morte è un problema dei vivi, il regista finnico Teemu Nikki ha diretto 8 lungometraggi, tre serie televisive e svariati cortometraggi.

100 Litri di birra arriverà nelle sale italiane nel 2025, distribuito da I Wonder Pictures.

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