Eros e thanatos lungo il fiume Yangtze.
Alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, il cinese Bound In Heaven (titolo originale 捆绑上天堂) della regista Huo Xin, si è laureato quale miglior film del concorso Progressive Cinema, nonché Migliore Opera Prima ex aequo.
Ed è in effetti un esordio che non passa inosservato.
Basato sull’omonimo romanzo dello scrittore Li Xiuwen (il cui titolo in realtà è riportato come Bundled Up to Heaven), il film narra la storia di un amour fou in salsa cinese, l’incontro tra due anime disperate che lo sono per motivi opposti.
La bellissima Yo (l’attrice emergente Ni Ni) è fidanzata con Song (Liao Fan) che le ha regalato l’agiatezza ma le ha rubato la felicità – la picchia come fosse un animale di sua proprietà – e la libertà di vedere un concerto della sua popstar preferita.
Nei pressi del palasport di Shanghai dove la cantante sta per esibirsi, Yo si imbatte in Tai (Zhou You), un giovane affascinante che fa bagarinaggio. Scatta la scintilla e i due iniziano ad amarsi, pur proveniendo da mondi opposti: lei lavora nel settore degli investimenti, lui vive di espedienti.
Si perdono a Shanghai, si ritrovano a Wuhan, coltivano il loro amore clandestino come le piantine delle lussureggianti risaie lungo cui passeggiano, riparandosi dal sole con enormi foglie di banano.
Nelle campagne di Chongqing vivono i genitori di Tai, una coppia inaridita dalla misera esistenza che conduce ed alla quale il giovane torna soltanto per marcare il definitivo addio alla terra delle sue origini.
Ma Tai nasconde un segreto, che verrà alla luce nel corso di un incidente in moto, lasciando Yo stupefatta. La scoperta, destinata a segnare per sempre le loro vite, rafforzerà la relazione tra i due giovani fino alle estreme conseguenze: Tai non ha nulla da perdere, tanto la sua esistenza è precaria, e non teme certo di morire, né di uccidere.
È così che, tra accoltellamenti e dissanguamenti, la storia d’amore tra Yo e Tai si trasforma in una fuga disperata che li porterà al confine tra inferno e paradiso.
Il film è anche una sorta di road movie, attraverso le molte facce della Cina, un grande paese, quasi un continente, di cui sappiamo ben poco.
Nelle note di regia, Huo Xin ha dichiarato di aver scelto tre città, tre regioni cinesi molto diverse, accomunate sia dall’essere state toccate, nello stesso periodo in cui si svolge la vicenda nel romanzo, dalla tournée della popstar Faye Wong, sia dall’essere tutte bagnate dallo Yangtze.
Ognuna ha le sue caratteristiche, corrispondenti agli sviluppi della vicenda: Shanghai, come si può immaginare, è frenetica e alienata; è il luogo dove Yo vive la sua relazione opprimente con Song. Wuhan (nota da noi per essere la città di incubazione del Coronavirus…) è esuberante e vivace, ed è qui che la storia d’amore tra i due giovani decolla. Chongqing è onirica e surreale, circondata dall’acqua, sembra quasi la location di un film di Fellini.
Per contrasto, l’attrice protagonista, Ni Ni, descrive il suo personaggio principalmente come una donna ordinaria ma anche come una persona conflittuale: “Yo deve accettare la realtà, ma è riluttante a farlo senza lottare e mettersi in una posizione ambivalente e solitaria”.
Per Zhou You “Il mio personaggio incarna, nello stesso uomo, gli opposti sentimenti di una profonda disperazione e di un fortissimo attaccamento alla vita”, portando al limite la sua resistenza e sperimentando al contempo la sofferenza e la felicità. Allo stesso modo, nel film convivono la durezza della vita e la sua bellezza, come se bene e male fossero inestricabilmente connessi.
Un debutto davvero significativo nel panorama del cinema internazionale.
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