A Complete Unknown di James Mangold_In sala dal 23 Gennaio

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Arriva come un ciclone nel quale turbinano buona musica e star system A Complete Unknown, una grande produzione Searchlight Pictures, distribuita da The Walt Disney Company Italia ed accompagnata da un’accurata campagna promozionale, con gadget dedicati (la collezione di plettri su cui sono stampati foto e titolo del film) ed impegno, in prima persona, dell’attesissimo protagonista, quel Timothée Chalamet che sta scalando ogni possibile vetta di popolarità.

Chi se non lui poteva interpretare al meglio la figura quasi mitologica di Robert Allen Zimmermann, in arte Bob Dylan?

Mostro sacro del rock, grandioso interprete nonché tra i fautori più autentici della rivoluzione culturale degli anni ’60, Dylan è un personaggio incredibile, in grado di attraversare le epoche storiche andando imperturbabilmente per la propria strada, dialogando con i più grandi artisti così come uomini politici e pontefici.

La prospettiva scelta dal regista James Mangold (Walk the Line, Le Mans ’66) è quella degli inizi della straordinaria carriera del “menestrello di Duluth” che è soltanto uno tra i tanti appellativi affibbiati a Dylan dai media e dall’opinione pubblica. Lascia sorpresi, in effetti, come un simile talento sia sbocciato in un’anonima cittadina mineraria del Minnesota, irrompendo nel circuito dei locali d’avanguardia newyorkesi ed imponendosi, nel volgere di pochi anni, sulla scena musicale mondiale.

Notevole il lavoro di Chalamet nell’aderire alla figura enigmatica del giovane Dylan, quasi apparso dal nulla al capezzale di Woody Guthrie, storico songwriter, autentico monumento alla ribellione in musica a partire dalla Crisi del ’29 e la Grande Depressione che ne seguì.

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Monica Barbaro e Timothée Chalamet

Il diciannovenne Bob si presenta al cospetto di Woody – grande interprete americano del sentimento di appartenenza ad una comunità solidale – sperando di cogliere l’ispirazione: “Hope to catch a spark” dice a Pete Seeger che accudisce il cantastorie malato: entrambi capiscono subito di trovarsi di fronte un enorme talento.

Da qui, da questa sorta di investitura, la vicenda di Bob Dylan si sviluppa attraverso gli incontri fatti in un Greenwich Village che sembra essere l’ombelico del mondo: dal mitico discografico Albert Grossman (un ottimo Dan Fogler), al rigoroso studioso Alan Lomax (noto per aver raccolto quantità industriali di registrazioni in giro per il mondo; anche la nostra Giovanna Marini ha attinto a quel patrimonio), al già citato Pete Seeger (quasi un padre putativo per Dylan nell’eccellente interpretazione di Edward Norton), sino all’immensa Joan Baez (interpretata da Monica Barbaro) definita come la musa del folk ma in realtà una protagonista in prima persona, dalla voce sopraffina e dall’enorme passione nell’interpretare in musica l’epopea dei diritti civili e del movimento per la pace.

Passando attraverso la rappresentazione di altre figure cruciali per la maturazione dylaniana, come la fidanzata Suzie Rotolo (questo il vero nome della Sylvie cui dà vita la delicata ed efficace Elle Fanning) e l’autorevole quanto tosto Johnny Cash che incoraggerà Dylan a seguire la propria strada senza indugi.

A Complete Unknown è la storia di un perfetto sconosciuto che diventa un artista planetario, quasi messianico nel suo rivolgersi ad un pubblico vastissimo e pronto a recepire il famoso “messaggio” contenuto nelle sue canzoni.

Dylan resta, in realtà, inafferrabile; non si fa trovare come e dove ci si aspetta che sia, come ci ricorda l’azzeccatissimo I’m Not There con cui Todd Haynes colse, oltre quindici anni fa, l’essenza del musicista di Duluth.

La narrazione di Mangold e del co-sceneggiatore Jay Cocks (autore di testi del calibro di L’età dell’innocenza e Gangs of New York) non può che prendere la direzione della musica, abbeverandosi alla fonte ovvero a quelle straordinarie composizioni di Dylan, suonate per lo più in presa diretta dagli stessi attori, Chalamet in primis.

Sin dalle riprese della prima esibizione in pubblico alla Carnegie Hall, infatti, vediamo “Timothée-Bob” imporsi: “Sono cinque anni che lavoro a questo ruolo. Mi sono esercitato a suonare e cantare. Non la farò in playback”.

Ed ecco che il film si evolve, trasformandosi da un classico biopic ad un’opera in cui la musica di Dylan – torrenziale, potente, fluida – assurge al ruolo di protagonista assoluta.

Una visione ed un ascolto da non perdere.

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