La storia di Patrice e Michel di Olivier Casas_Al cinema dal 3 Marzo

La storia di Patrice e Michel_main

La storia di Patrice e Michel di Olivier Casas è giunto nelle sale italiane il 3 Marzo, grazie a Movies Inspired.

Il film è basato sulla vera storia di due fratellini di cinque e sette anni (intepretati dagli adorabili e bravissimi Victor Escoudé-Oury ed Enzo Bonnet) che, abbandonati dalla madre nel 1948, fuggono nella foresta ove incredibilmente sopravviveranno per ben sette anni, tessendo un legame che li unirà per sempre.

Decenni dopo, i due fratelli lasciano tutto per ritrovarsi ma il passato e i segreti che portano dentro li raggiungeranno anche dall’altro lato della Terra.

Il brillante cineasta Olivier Casas scrive e dirige nel suo secondo lungometraggio (dalla padronanza con la macchina da presa sembra il 20esimo) la coppia di ferro Mathieu Kassovitz ed Yvan Attal, regalandoci una storia che cattura lo spettatore a partire dal primo fotogramma e lo lascia soltanto ai titoli di coda.

Sembra di trovarsi di fronte a due film al prezzo di uno: il primo narra l’avventura di due splendidi bimbi che debbono riuscire a cavarsela in un ambiente ostile e meravigliosamente bello allo stesso tempo. Il secondo è un viaggio esistenziale di due adulti che debbono fare i conti con il proprio vissuto e con ciò che la società civile contemporanea gli impone per poter essere parte di essa.

Gli adorabili Victor Escoudé-Oury ed Enzo Bonnet
Gli adorabili Victor Escoudé-Oury ed Enzo Bonnet

Il regista, alla domanda “Come ti è venuta l’idea di adattare la storia vera di Michel e Patrice de Robert che, nel 1948, sono sopravvissuti per sette anni nella foresta?”, ha così risposto:

“Tutto è iniziato al Bouquet Wagram, un caffè del 17° arrondissement di Parigi che è stato il mio rifugio per 25 anni: ho scritto lì la mia prima sceneggiatura, ci ho passato intere giornate e, nel corso degli anni, mi sono costruito un gruppo di amici, uomini e donne, molto diversi tra loro, dentisti, tappezzieri, architetti, avvocati, operai, ecc., e di tutte le generazioni.

Nel 2015 vengo invitato all’inaugurazione di una casa la cui ristrutturazione era stata seguita da un certo Michel de Robert, un architetto, che fa parte della banda: un uomo di circa 70 anni, molto elegante, solare, scarpe Weston ai piedi e orologio elegante al polso.

Durante il ricevimento è sempre impegnato, fino a quando, a un certo punto, non lo sorprendo a intagliare un pezzo di legno come un indiano cherokee. Vedendo il mio stupore, comincia a raccontarmi la sua storia, la sua infanzia, di cui non mi aveva mai raccontato. Alla fine della nostra conversazione, mi chiede: ‘Pensi che potrebbe diventare un film?’ Gli rispondo: ‘Certo’. Era solo l’inizio di uno scambio che è andato avanti cinque anni prima che iniziassi a scrivere. Perché la storia di Michel era stata un segreto per così tanto tempo che aveva bisogno di tirarne i fili in modo molto graduale.

La natura è il terzo personaggio del film. Michel lo dice molto bene: in natura c’è tutto. Abbiamo fatto di tutto per separarcene e ora lottiamo ogni giorno per compensare la rottura con l’ambiente che ci fornisce l’essenziale. La riconnessione con la natura da parte di Michel e Patrice, diventati adulti, ne fa, molto chiaramente, il terzo personaggio del film. Il DNA stesso del film è questa connessione con la fonte, con l’essenziale, e trovo illuminante, nel percorso dei due fratelli, il fatto che abbiano avuto veri problemi solo quando sono tornati in contatto con la civiltà. In realtà, sono stati veramente felici solo in natura, in questa simbiosi con la fonte primaria.

Ho avuto la fortuna di avere Yvan e Mathieu, perché per personaggi così carismatici, e in quella fascia d’età, non ci sono molti attori francesi di tale spessore. Mathieu abbiamo quasi rischiato di perderlo: all’inizio aveva rifiutato, allora lo chiamai, non tanto per cercare di fargli cambiare idea, ma per dirgli quanto fossi deluso e quanto ritenevo assurdo che non ci fosse lui in quel ruolo.

Gli ho spiegato che ero molto amico di Michel e che non potevo affidarlo a chiunque. Quando stavo per riagganciare mi ha chiesto: ‘È una storia vera?’ e appena gliel’ho confermato, ha aggiunto: ‘Quando inizi a girare?’ Si era completamente perso il fatto che si trattasse di una storia vera! Quanto a Yvan, lui ha letto velocemente la sceneggiatura e mi ha detto subito di sì. Era molto felice che Mathieu, che aveva diretto in L’accusa, interpretasse Patrice.

Menzione speciale per l’intensa performance attoriale donataci da Mathieu Kassovitz ed Yvan Attal che riescono mirabilmente ad incarnare la natura selvaggia che i due personaggi portano dentro di sé (come due reduci dalla guerra del Vietnam che si sentono compresi soltanto da chi ha vissuto il medesimo inferno) e ci trascinano, complice l’ambiente naturale di struggente bellezza che li circonda, in un’atmosfera dalla quale è doloroso separarsi (la scena della festa notturna con i gioiosi zingari vale da sola il prezzo del biglietto).

Una visione da non perdere, possibilmente in francese.