A Real Pain di Jesse Eisenberg

Jesse Eisenberg e Kieran Culkin
A Real Pain: il viaggio di due cugini diversissimi, alla scoperta della propria identità e del proprio dolore segreto.
Distribuito nelle sale italiane il 27 Febbraio da The Walt Disney Company Italia, il nuovo lungometraggio dell’attore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico (statunitense di origini polacche) Jesse Eisenberg (The Social Network e Benvenuti a Zombieland) è un road-movie.
Dopo la morte della nonna, due cugini si ritrovano in Polonia dopo una lunga lontananza e si confrontano con le proprie origini ebraiche, con la comune memoria familiare e con le proprie nevrosi e contraddizioni, per poi perdersi di nuovo. Il film traccia una linea sottile fra dramma e commedia, fra situazioni impreviste e tragicomiche e serissime tematiche psicologiche, relazionali e storiche.
Premiato al Sundance Film Festival e vincitore del premio Oscar al Miglior Attore Non Protagonista, assegnato a Kieran Culkin, A Real Pain ha fatto incetta di premi: oltre all’Oscar, infatti, ha vinto il Golden Globe e lo Screen Actors Guild Award, per l’interpretazione di Kieran Culkin nel ruolo di Benji, il cugino “maledetto”.
Istrionico, esagerato, carismatico, a tratti fastidioso e disturbante quanto basta, il personaggio di Benjamin (detto Benji), eterno Peter Pan e cugino del più razionale, apparentemente posato ma nevrotico David (interpretato dallo stesso Eisenberg), è spesso molto sopra le righe: a lui piace così e tutti ne restano affascinati e conquistati, non importa che faccia aspettare il gruppo coi suoi continui ritardi o che metta a repentaglio la riuscita del viaggio stesso con i suoi comportamenti a rischio.
Benji è così ‘odi et amo’, vuole essere amato e riconosciuto ma nasconde in realtà un grande, immenso vuoto interiore che non riesce a colmare – sul quale il cugino azzarda solo alcune ipotesi cercando di lenire il comune, ancestrale dolore – se non combinando piccoli, grandi disastri ed inseguendo continue, improbabili, adrenaliniche avventure.
Altrettanto bravo Jesse Eisenberg nel ruolo di David, il cugino con la testa sulle spalle, il giovane padre di famiglia newyorkese che ha organizzato il viaggio per sé e per Benji e che si fa carico di rimediare ai danni del cugino, mostrando con poche pennellate attoriali, espressioni del viso e piccoli tic – riesce ad esprimersi verbalmente nel gruppo solo in un’occasione dato che il cugino gli ruba continuamente la scena e la parola – che anche lui ha tanti dubbi e incertezze, che ha incubi notturni ed è ossessivo-compulsivo, in altre parole che avrebbe bisogno di attenzione e conforto, ma il cugino travolge tutto e tutti.
Mentre si dipana il tour sulla storia dell’Olocausto polacco, cui David e Benji si sono iscritti grazie al piccolo lascito della nonna sopravvissuta ai lager e recentemente scomparsa, a confronto con la rievocazione degli eventi storici, con il campo di concentramento visitato (Majdanek, uno dei pochi lager in cui le camere a gas e i forni crematori sono ancora intatti a testimoniare l’orrore nazista) e grazie alle interazioni con gli altri membri del gruppo (fra questi Eloge, un uomo sfuggito al genocidio in Ruanda convertitosi all’ebraismo in Canada), i due riallacciano il loro legame d’infanzia e si confrontano con le tragedie familiari del passato che ancora, in qualche modo, li definiscono e creano uno spaesamento.

Eisenberg vuole anche raccontare, a modo suo, il cosiddetto “turismo della Shoah”, spesso vissuto dai partecipanti di altri mondi e altri tempi (il quarantenne Jesse e alcuni suoi compagni) con un certo inconsapevole distacco, forse per proteggersi dal dolore ,o per scarsa preparazione, svolto comunque, alloggiando e consumando pasti in luoghi confortevoli. Qui Benji, invece, è palesemente sconvolto dalle emozioni e rifiuta i confort proposti dal gruppo, manifestando grande sensibilità.
Lo spunto per questa storia è in parte autobiografico: durante un viaggio in Polonia in compagnia dell’attrice Anna Strout, che ora è sua moglie, Jesse Eisenberg ha avuto quella che lui definisce una strana rivelazione. Il tour di due settimane attraverso il paese l’aveva condotto al villaggio di Kranystaw, nella piccola casa dove sua zia Doris aveva vissuto prima che l’Olocausto costringesse tutta la sua famiglia a fuggire. “Se la guerra non fosse mai avvenuta, ora vivrei qui – ricorda di aver pensato Eisenberg – Come sarebbe la mia vita? Chi sarei?”.

Eisenberg era rimasto così colpito da quel primo viaggio in Polonia da scrivere inizialmente una pièce teatrale, The Revisionist, che aveva debuttato off-Broadway nel 2013, in cui il regista interpretava un personaggio diverso di nome David, un giovane americano in visita alla sua anziana cugina polacca sopravvissuta all’Olocausto, interpretata da Vanessa Redgrave. L’opera teatrale è stata un successo, ma i suoi tentativi di trasformarla in una sceneggiatura non avevano prodotto risultati soddisfacenti fino a quella di A Real Pain.
“Tutti i miei adattamenti erano pessimi – dichiara apertamente Eisenberg – E ho pensato che avrei voluto davvero scrivere un film ambientato in Polonia. Ci sono voluti più o meno 15 anni per scrivere qualcosa di buono, ma alla fine sono riuscito a creare questa storia, che è fondamentalmente una storia sull’amicizia”.