La casa degli sguardi di Luca Zingaretti_Al cinema dal 10 Aprile

“Montalbano, sono!”
Come non pensare al celeberrimo personaggio di Camilleri, guardando il debutto alla regia di Luca Zingaretti?
L’attore romano, come tanti colleghi, ha deciso che è arrivato il momento di passare dall’altra parte della cinepresa, e per farlo ha scelto di ispirarsi liberamente all’omonimo libro d’esordio del poeta e scrittore Daniele Mencarelli, edito da Mondadori nel 2018.
Una produzione Bibi Film e Clemart con RAI Cinema e la partecipazione della società di Zingaretti e Luisa Ranieri, nonché il tocco magico di Angelo Barbagallo, La casa degli sguardi, al cinema dal 10 Aprile, distribuito da Lucky Red, è un’opera prima che risente un po’ troppo delle frequentazioni televisive del suo autore.
Il ritmo narrativo è blando, i punti di svolta della vicenda non hanno la forza necessaria, la recitazione è spesso scolastica. Giustamente Zingaretti si affida alla freschezza dell’attore principale, il giovane Gianmarco Franchini già visto in Adagio, che mette la sua nervosa impulsività al servizio della storia.
Il ventenne Marco (Gianmarco Franchini), dopo la morte della madre e qualche delusione sentimentale, sembra inanellare un disastro dietro l’altro: dedito all’alcol, provoca un terribile incidente d’auto, poi scappa dall’ospedale dov’è ricoverato. Gli trovano un lavoro nella cooperativa che fa le pulizie in un grande ospedale dove non sembra poter durare più di un paio di giorni.
Grazie alle cure premurose del padre (Zingaretti), il ragazzo trova faticosamente una sua strada di redenzione, passando attraverso le prove più dure: un lavoro arduo che gli farà scoprire la sofferenza più autentica ed ingiusta, quella dei bambini malati.
La casa degli sguardi del titolo è, infatti, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, quella struttura ospedaliera dedicata a bambini e ragazzi che sorge sullo storico colle del Gianicolo, a Roma;
Daniele Mencarelli intendeva così riferirsi ad un luogo dove ciascuno viene messo a nudo nelle sue fragilità, a sua volta potendo guardare e riconoscere nell’altro le proprie debolezze.
Nel 2010, lo scrittore ha pubblicato il libro Bambino Gesù, nel quale ha affrontato i temi della malattia infantile che ha avuto modo di toccare con mano, durante l’esperienza lavorativa effettivamente svolta in quell’ospedale pediatrico.
Come scrive Zingaretti nelle sue note di regia, “È un film che parla del dolore, ma non in termini negativi, ma come ingrediente necessario per la felicità, perché dolore e gioia sono fatti della stessa materia. La casa degli sguardi è un film sulla poesia, sulla bellezza e sulla loro capacità salvifica. Un film che parla di genitori e figli e della capacità di stare, come atto di amore più puro.
È un film sull’amore e l’amicizia, che possono farti ritrovare la strada di casa. È un film sul lavoro, che radica e identifica, e sulle persone che lo nobilitano. Un film sulla vita, dove c’è sempre un motivo per resistere, sulla speranza e sulla capacità dell’uomo di risorgere. Il mio film è una casa di tanti sguardi che ho visto, sostenuto, evitato, adorato, temuto, sperato”.
Valori e idee forti, che richiedono qualcosa in più di un’adesione pedissequa ad un romanzo autobiografico – Mencarelli, romano, vive nella pittoresca cittadina di Ariccia, il cui spettacolare ponte imprime un certo senso di angoscia per il destino del giovane protagonista, vista la fama inquietante della struttura viaria.
Il neoregista ha scelto per il suo esordio una bella storia, largamente ispirata alle vicende narrate da uno scrittore che ha vissuto sulla propria pelle ciò di cui scrive; siamo sicuri che il suo secondo lungometraggio saprà fare tesoro delle imperfezioni del primo, senza “scantare di calarsi negli abissi dell’animo umano” (La paura di Montalbano).