Rendez-vous 2025 – Appuntamento con il cinema d’autore francese

Al Cinema Nuovo Sacher di Roma si è svolto e concluso felicemente – grazie anche allo scampato pericolo per il padrone di casa Nanni Moretti – Rendez-vous, il festival organizzato dall’Ambasciata di Francia in Italia e realizzato dall’Institut français Italia, co-organizzato con Unifrance, l’organo di promozione del cinema e dell’audiovisivo francese nel mondo. La manifestazione, giunta alla sua XV edizione, ha, come ogni anno, accolto film e ospiti, con un folto seguito di pubblico.
Significativamente, alcuni dei film più interessanti della rassegna d’Oltralpe hanno posto al loro centro la famiglia, istituzione centrale di tutte le società umane in perenne crisi e in continua trasformazione.
Un’opera espressione di un cinema vitale e non convenzionale è Ma mère, Dieu et Sylvie Vartan, per la regia di Ken Scott.
Tratto da una storia vera, il film racconta – alternando il registro della commedia e quello del dramma – la storia di una madre straordinaria interpretata da una Leïla Bekhti perfettamente in parte.
Esther è al comando di una numerosa famiglia algerina che vive a Parigi. Come indica il suo nome, e come si vede nelle scene in cui lei e il marito invocano protezioni divine, sono arabi di religione ebraica e, ben legittimamente, Esther può definirsi una yiddish mame a pieno titolo – figura magistralmente descritta da celebri artisti, da Woody Allen a Moni Ovadia.
La sua amorosa presenza sarà indubbiamente salvifica per l’ultimogenito, Roland, affetto da una malformazione al piede che gli impedisce di camminare normalmente. Questo non sarà però un ostacolo per Esther, che a dispetto di tutto e tutti – ivi compresa la severa ma giusta assistente sociale che segue il caso – riuscirà a far vivere al figlio una vita non solo “normale” ma anche brillante, cosa affatto scontata partendo da un handicap di base così grave.
Il film, che uscirà in Italia con il più sintetico titolo C’era una volta mia madre, è la celebrazione delle potenzialità che ciascuno di noi possiede ma che hanno bisogno di una spinta, talvolta molto decisa, per uscire allo scoperto e naturalmente celebra la forza dell’amore materno nel superare quei pregiudizi e discriminazioni che si frappongono tra l’amato figlio ed il successo.
Roland Perez, infatti, verrà prima trascinato (letteralmente) a scuola e poi a lezione di danza, per poi tentare la carriera di giornalista che lo porterà a stretto contatto con il mito della musica francese Sylvie Vartan, coronando così il sogno suo e della sua famiglia.
L’esuberante genitrice, come esige il ruolo, resterà a fianco del figlio fino a rendersi insopportabile – ma non è ingratitudine filiale, solo istinto di sopravvivenza… Insomma, un film scoppiettante, colorato, vivace, che partendo da una splendida ricostruzione degli anni ’60 segue il dipanarsi di una famiglia davvero speciale.
Chiudiamo con il film di apertura di Rendez-vous, che vede protagonista assoluta la nostra Valeria Bruni Tedeschi in una parte che da un lato la conferma nel ruolo di donna indipendente e totalmente libera, anche di perdersi in pensieri e sogni; dall’altro, la colloca all’interno di una famiglia trasversale, irregolare, funestata dalla scomparsa della madre “titolare” sin dall’inizio della vicenda.
Da questo incipit traumatico e doloroso si svilupperà L’Attachement, una imprevista adesione a moti sentimentali che non era nei piani di Sandra, single più o meno per scelta ma comunque piena di interessi (è una colta libraia appassionata al femminismo).
Sandra si legherà al piccolo Elliott, rimasto orfano di madre e con un padre biologico assente; il bimbo è comprensibilmente difficile da gestire, soprattutto da parte di qualcuno che non ha avutiper chi non ne sa niente di bambini non avendone avuti ma Sandra, dopo aver superato la tentazione di sbarazzarsi sia di lui che del padre acquisito Alex (Pio Marmaï), accetterà di far parte di questo nuovo nucleo familiare.
Tratto dal romanzo L’Intimité di Alice Ferney, questo quinto film della regista Carine Tardieu è stato presentato nella sezione Orizzonti della 81° Mostra del cinema di Venezia, e si segnala come un’opera che disegna in modo sensibile una nuova geografia degli affetti familiari.