Il bacio della cavalletta di Elmar Imanov_Dal primo Maggio al cinema

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Presentato in anteprima mondiale alla Berlinale 2025 nella sezione Forum, Il bacio della cavalletta di Elmar Imanov, nelle sale italiane dal 1 Maggio grazie a Trent Film, è un’opera complessa; poetico e visionario, il lungometraggio si dipana in un mondo intriso di realismo magico in cui autobiografia del regista e solitudine esistenziale dell’umanità contemporanea si fondono, dolorosamente ed intimamente.

Bernard (il musicista ed attore tedesco Lenn Kudrjawizki), scrittore di mezza età in crisi esistenziale, è ossessionato dall’ordine; conserva con cura i suoi libri, avvolgendoli nella carta e trova conforto nella costruzione di veicoli.

L’uomo condivide l’appartamento con un insolito animale domestico: una pecora (il personaggio migliore del film) che lo scalda, lo conforta e concilia il suo sonno.

Nonostante una relazione assai disfunzionale e segnata da frequenti rotture, Bernard (a suo modo e con i propri forti limiti di anaffettività depressiva) ama profondamente Agata, la sua bellissima compagna e, incredibile a dirsi, ne è ricambiato sebbene i due sembrino non avere assolutamente nulla in comune ma il suo legame più forte e conflittuale è quello con suo padre Carlos.

La spirale tragica si innesca quando all’anziano padre (un Michael Hanemann in stato di grazia), dopo una caduta provocata da un personaggio assai particolare, viene diagnosticato un grave tumore al cervello la cui necessaria operazione chirurgica offre il 50% di possibilità di sopravvivenza e senza la quale… per lui sarebbe morte certa.

Il bacio della cavalletta è un assai pregevole, opprimente ed a tratti cervellotico psicodramma per cinefili incalliti, degno del miglior Cronenberg ed arricchito da un’algida fotografia nordica di prim’ordine che enfatizza i colori freddi, utilizzandoli come strumenti funzionali alla narrazione ed estremizzandoli.

Il nero pece del pane, il blu irreale della bevanda contenuta nella caraffa (la palette cromatica scelta dal regista azerbaigiano per trasmetterci l’atmosfera funerea legata alla malattia), i primi piani della protagonista femminile (la bellissima quanto talentuosa musicista ed attrice lussemburghese Sophie Mousel che ha illuminato della sua elegante presenza la Berlinale e rappresenta l’unico raggio di luce nella profonda tenebra di questi complessi

Bellissima la lunga scena bergmaniana tra Agata e Bernard nella metro affollata che vale da sola il prezzo del biglietto.

Menzione speciale per l’80enne veterano del cinema tedesco Michael Hanemann che, con la sua interpretazione del padre, ci regala la miglior prova d’attore vista in questo film.

La bellissima Sophie Mousel
La bellissima Sophie Mousel

“Nell’inverno del 2014 a mio padre venne diagnosticato un cancro al polmone al quarto stadio” – ha raccontato il regista e sceneggiatore Elmar Imanov – “La prognosi è stata devastante: 12 mesi di vita. Una sensazione molto ingiusta e schiacciante. Sapevo che nessuno poteva capire mio padre ora e da quel momento in poi sarebbe rimasto solo fino alla sua morte.

Mi è crollato il mondo addosso.

Questo sentimento si è manifestato in modi diversi: a volte con le lacrime, altre con improvvisa iperattività durante una festa. Sono caduto nell’abisso e mi sono sentito un fantasma.

Lenn Kudrjawizki e la cavalletta

Quando mio padre è morto dopo soli 10 mesi, ho iniziato il mio lento viaggio di ritorno alla vita. Un anno dopo la sua morte, quando mi sono svegliato dal torpore, ho scritto la sceneggiatura. Oggi, quando mi guardo indietro, mi sento una persona diversa.”

Deve far riflettere la struttura ritmica di questa partitura filmica e l’attenta scelta di casting che ha portato il regista e la produzione a scegliere due attori musicisti per interpretarla.

Una visione complessa ma sicuramente assai consigliata.

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