A 24 anni Laura sta ancora aspettando il principe azzurro. Così, quando a una festa conosce Sandro, si illude di averlo finalmente incontrato. In seguito, però, conosce anche Maxime e comincia a chiedersi come mai alcuni principi azzurri siano più affascinanti di altri. Dal canto suo, Sandro ha altri problemi a cui pensare: il padre Pierre, al funerale del nonno, si è scontrato con Madame Irma, che gli ha ricordato la data di morte che gli aveva già predetto tempo prima, e ora non è più capace di far progetti che coinvolgano anche la nuova compagna Eleonore o il figlio Sandro. Anche Maxime ha le sue belle grane da risolvere ma il sole, prima o poi, tornerà a splendere per tutti.
Con Quando meno te lo aspetti, Agnès Jaoui e il suo co-sceneggiatore Jean Pierre Bacrì (coppia di ferro nella vita – sino al 2012 – e nel lavoro, già autori, tra gli altri, dei pregevoli Il gusto degli altri e Così fan tutti, premio per la migliore sceneggiatura a Cannes 2004) ci offrono una scatola a sorpresa contenente diverse permutazioni dell’amore travestita garbatamente da favola, o meglio: da finale di favola e della sua continuazione oltre l’ultima pagina del libro. Ma una favola innestata in un contesto reale, agrodolce, che danza tra gli stilemi della commedia e ribalta i suoi archetipi e la sua morale, destruttura i suoi sviluppi mentre gioca con superstizioni, razionalismi e fedi (sembra che non vi sia distinzione o separazione) che diventano farseschi e ossessioni compulsive che celano profonde mancanze emotive.
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I ruoli archetipici vengono stravolti sino a sgretolarsi a contatto con la realtà : Agathe Bonitzer (apparentemente protagonista “positiva” almeno all’inizio) non interpreta una principessa candida e modesta ma una ragazza inquieta, infedele, che tocca quello che potrebbe essere il vero amore per fuggire tra le braccia del lupo cattivo, qui con il volto di Benjamin Biolay (più inquietante e sinistro che fascinoso come si vorrebbe far intendere) mentre l’orco postmoderno Jean Pierre Bacri, a tratti esilarante nella sua crescente paura della morte, cerca di ritrovare con difficoltà quasi autistica un rapporto con Arthur Dupont, nelle vesti del figlo “Cenerentolo” che, lungi dall’essere un eroe senza macchia, è disposto meschinamente a metter da parte il suo migliore amico per favorirsi la carriera di musicista grazie a colui che andrà a rubargli per sfizio la fidanzata. Ruoli principali e secondari perdono di significato in questo film corale che vive di vita propria e pulsante grazie allo scorrimento parallelo delle vicende che si intrecciano in un happy end contemporaneamente classico e non prevedibile.
Il film è gradevolissimo, nonostante il ritmo lento e, probabilmente, l’eccessiva lunghezza: questo non va a sminuirlo nel suo insieme ma costringe lo spettatore ad uno sforzo maggiore per concentrarsi sul diluito e non annunciato finale. Solo apparentemente leggero, Quando meno te lo aspetti è un inno all’amore: trovato, perso, tradito, nascosto, trasformato e forse, solo forse, ritrovato, un succo dolceamaro impreziosito da rimandi visivi brillanti che uniscono realtà e mito.
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