Questo secondo capitolo delle avventure del supereroe col martello inizia esattamente dove finiva quel The Avengers che, lo scorso anno, riuniva in un unico film Hulk, Captain America, Iron Man e Thor, in una sorta di continuum narrativo che, in maniera sempre più insistita, sembra voler ricalcare la medesima natura seriale dei fumetti da cui questi film sono tratti e che rimanda, senza soluzione di continuità, sia al nuovo Captain America che al secondo, attesissimo The Avengers: Age of Ultron.
Thor – The Dark World comincia, quindi, con l’arresto di Loki (Tom Hiddleston), figlio ribelle di Odino (Anthony Hopkins), e con suo fratello Thor (Chris Hemsworth) che, conquistata finalmente la pace dei Nove Regni, ripensa con malinconia all’amata Jane (Natalie Portman), la giovane scienziata conosciuta nel Thor di Kenneth Branagh.
Sarà proprio Jane, contaminata accidentalmente da una forza distruttiva tenuta nascosta da millenni e chiamata Aether, a scatenare la lotta tra il malvagio elfo oscuro Malekith, desideroso di controllare l’Aether per sprofondare l’universo nel caos e Thor, fermamente intenzionato a fermarlo, anche a costo di chiedere aiuto all’amato/odiato fratello.
The Dark World continua così il felice trend che, ormai da qualche anno, vede i film di casa Marvel sempre meno appannaggio dei soli puristi, a beneficio di un maggiore appeal per i neofiti e di una crescente qualità cinematografica.
Come ogni secondo capitolo di una saga gode inoltre del meccanismo autoreferenziale per cui qualsiasi antefatto è stato già ampiamente descritto nel film precedente e si può quindi puntare dritti al sodo senza dover spiegare più nulla.
Lo scarto tra i due film della saga è piuttosto evidente.
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Seppure tutti i riferimenti shakespeariani del primo Thor, che presumibilmente avevano indirizzato la scelta di affidarne la regia proprio a Branagh, siano ancora ben presenti (del resto quando si parla di lotte fratricide per la successione a un qualsiasi trono è piuttosto difficile non pensare a Shakespeare) trovano però una dimensione più leggera e in qualche modo fedele alla matrice fumettistica originaria.
Anche la durata del film, che per una volta non supera le due ore, è indicativa di una volontà di non appesantire l’opera mettendone a rischio la fruibilità.
La scelta di Alan Taylor (Palookaville, I vestiti nuovi dell’Imperatore) in cabina di regia, in questo senso, appare ideale.
Avendo lavorato negli ultimi dieci anni soprattutto in televisione – sua la regia di alcuni episodi di Boardwalk Empire e de Il trono di spade, ma anche Mad Men e I Soprano – Taylor conosce alla perfezione le regole della moderna commistione dei generi e le applica a un blockbuster con la stessa fluidità che ci si aspetterebbe da una serie TV.
Qualcuno potrebbe lamentare forse una minore profondità dei personaggi rispetto al film precedente, ma va anche considerato che Thor non è Batman (in quanto non umano e quindi privo di tutti i dubbi e le paure di un supereroe terreno) e, per quanto il tema dell’amore tra un essere immortale e una mortale sia foriero di eventuali spunti filosofici e/o metafisici, se non sei Christopher Nolan è meglio attenersi al copione e garantire al pubblico ciò che ci si aspetta da un film di questo tipo. Via libera, quindi, alle esplosioni, ai duelli corpo a corpo e ad un 3D piacevolissimo anche se non necessario, senza rinunciare a una sottile vena di ironia, vero marchio di fabbrica dei personaggi Marvel.
Completa il tutto un cast pieno di bei nomi, da Anthony Hopkins, più in parte che mai nel ruolo di Odino, ad una rediviva Rene Russo, passando per Stellan Skarsgård e per il solito cameo di Stan Lee.
E come vi raccomandiamo sempre quando si tratta di un film Marvel: non azzardatevi ad abbandonare la sala prima della fine dei titoli di coda!
[Thanks, Movielicious!]
And they are going to definitely advertise your content through social media marketing, whitepapers and syndication. In fact,
there have not been many games to the Wii released at all, aside from a sequel for
the Force Unleashed. This theory is just not new and has been corroborated by many social scientists and psychiatrist;
many, who cannot prevent the query concerning the requisite desire among white men in the Ante-bellum
period to physically castrate the black man as a method of punishment
when whites who commit a similar, or worse crimes, even against members of the
own race, never received similar punishment.