Presa ormai piena confidenza coi propri superpoteri, Peter Parker (Andrew Garfield) si trova ora a dover fare i conti con le rinunce che il suo status di supereroe, per forza di cose, gli impone. La prima e più dolorosa riguarda l’amore, nella figura di Gwen (Emma Stone), che Peter prova ad allontanare (anche in nome di una promessa fatta al padre di lei) perché questa sia al sicuro dai possibili attacchi dei tanti nemici di Spider-Man. Nel frattempo, il suo vecchio amico Harry Osborne (Dane DeHaan) torna a Metropolis giusto in tempo per assistere alla morte del padre e prenderne il posto a capo della Oscorp, sede degli oscuri esperimenti che anni prima portarono alla morte dei genitori di Peter e teatro di un terribile incidente che vede coinvolto l’anonimo impiegato Max Dillon (Jamie Foxx), il quale viene trasformato in Electro, mostro potenzialmente pericolosissimo per la sua capacità di sprigionare energia elettrica.
Giunta al suo secondo capitolo, la saga del “nuovo Spider-Man” – per distinguerlo dalla precedente trilogia di Raimi – si svincola da qualsiasi forma di esigenza esplicativa – vera piaga di qualsiasi film che abbia un supereroe come protagonista – e punta dritto al cuore dell’azione. Parliamo di cuore non a caso visto che Marc Webb, forte anche della sua esperienza nella commedia romantica con il notevolissimo 500 giorni insieme, sembra molto più a proprio agio a descrivere le dinamiche amorose che vedono coinvolti Peter e Gwen che non quelle più squisitamente action.
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E’ chiaro fin da subito infatti come il fulcro de Il potere di Electro non risieda tanto nello scontro tra Spider-Man e l’antagonista di turno, quanto nella rappresentazione delle difficoltà di Peter Parker a conciliare le responsabilità di supereroe con l’amore per Gwen.
Ne è la prova il fatto che, per tutta la durata (forse leggermente eccessiva) del film, si veda Andrew Garfield recitare molto più spesso in abiti “civili” che non in calzamaglia. Le scene puramente d’azione, vero punto di forza di questo genere di film, sono ridotte al minimo e scandiscono, quasi fossero intermezzi ad uso e consumo degli amanti del cinema catastrofico, la divisione dell’opera nei tre usuali atti della drammaturgia cinematografica moderna. A dimostrazione di questa tesi, basti paragonare la gestione del meccanismi action di questo film a quella applicata in uno qualsiasi dei capitoli della saga dei Vendicatori: negli Iron Man le scaramucce amorose tra Tony Stark e Pepper Potts sono un simpatico escamotage per permettere allo spettatore di riprendere fiato tra uno scontro e l’altro e la liason Hemsworth-Portman in Thor si sviluppa in sequenze che assumono quasi la dimensione di siparietti comici utili a rendere un po’ più umana la figura del figlio di Odino.
In Capitan America, poi, la dimensione sentimentale è addirittura assente.
Se la particolare propensione di questo nuovo Spider-Man al romance non rappresenta di per sé un difetto – il reboot di Marc Webb è dichiaratamente pensato per un pubblico teen, in perfetta antitesi con il nichilismo dei capolavori di Nolan su Batman – contribuisce però in alcune sue parti ad allentarne eccessivamente il ritmo.
Al netto di ciò, The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro resta uno spettacolo per gli occhi e mantiene tutto ciò che un blockbuster dovrebbe promettere, intrattenendo con una girandola di effetti speciali di assoluto livello e, allo stesso tempo, restando sempre fedele – vera conditio sine qua non in operazioni del genere, pena l’ira dei fan più ortodossi – all’impianto narrativo mutuato dal mondo dei comics, vedi ad esempio l’introduzione, quasi in punta di piedi, del villain interpretato con grande ironia da Paul Giamatti.
Con la speranza – anche se in realtà, senza incorrere in alcun rischio di spoiling, più che una speranza è abbastanza una certezza – che il terzo capitolo della saga riservi più fuochi d’artificio e un po’ meno romanticherie.
[Thanks, Movielicious!]
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