In un futuro indefinito, costruito sulle rovine del precedente ordine mondiale, vive una comunità in cui tutte le differenze tra gli esseri umani sono state abolite. E’ un mondo in bianco e nero (letteralmente) in cui le persone non hanno cognomi, solo nomi di battesimo, e vivono in unità abitative in cui, ad ogni coppia di genitori, vengono assegnati per legge due figli, rigorosamente un maschio e una femmina.
Qualunque tipo di dissidio è bandito, ci si chiede scusa di continuo e, sempre al fine di evitare conflitti, è severamente vietato mentire.

L’anomalia più forte, però, risiede nel fatto che nessuno abbia memoria degli eventi che hanno portato a quell’ordine sociale così rigido. Nessuno mastica concetti come guerra, violenza e odio e anche solo l’idea che gli uomini, in passato,  potessero uccidersi tra loro rappresenta qualcosa di inimmaginabile.
Una sola persona, chiamata il Donatore, ha il compito di custodire le memorie dell’umanità all’interno di questa società solo apparentemente perfetta.
Quando il giovane Jonas (Brenton Thwaites) viene designato come futuro custode, il precedente Donatore (Jeff Bridges) si assume l’onere di iniziarlo a tutte quelle emozioni che al resto del mondo sono negate. Il ragazzo scopre quindi che, insieme ai sentimenti e alle esperienze negative, ci sono anche cose belle di cui il suo mondo si sta privando senza saperlo.
Una in particolare, l’amore, scardina tutto il sistema di certezze di Jonas e lo induce a riflettere su come quella società possa non essere la migliore delle possibili.

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Adattamento cinematografico del romanzo di Lois Lowry The Giver – Il donatore (in realtà primo capitolo di una tetralogia) e ritorno in cabina di regia per un Phillip Noyce (Il collezionista di ossa, Salt) ultimamente un po’ appannato, Il mondo di Jonas è un film interessante sotto diversi punti di vista. Innanzitutto perché, pur rappresentando un ideale punto d’incontro tra fantascienza distopica e racconto di formazione, non annacqua inutilmente le pagine del romanzo da cui è tratto in un minutaggio eccessivo (conditio sine qua non di quasi tutte le recenti saghe cinematografiche) e punta invece molto sulla sintesi, concentrando il tutto nell’ormai inusuale alveo delle due ore.

Partendo da presupposti narrativi che rimandano in maniera piuttosto chiara a Gattaca di Andrew Niccol per indirizzarsi poi verso una morale molto vicina a quella proposta dai Wachowski in Cloud Atlas, il film di Noyce si propone fin da subito come un esempio ben riuscito di fantasy umanistico che, piuttosto che abbandonarsi ai facili bagliori degli effetti speciali un tanto al chilo, preferisce la rappresentazione di universi emotivi antitetici attraverso un uso molto accorto del colore e il ricorso ad immagini di repertorio.
Così  Il mondo di Jonas diventa un elegante caleidoscopio di suggestioni spielbergiane (non si vedeva un film così vicino alla sensibilità dell’autore di E.T. dai tempi di Super 8 di J.J. Abrams) attraverso le quali inneggiare alla libertà di scelta contro qualsiasi omologazione che, al netto di una riduzione dei conflitti, porta con sé anche lo spettro della morte dei sentimenti.

Cast perfettamente funzionale alla resa, con il protagonista (il promettente Brenton Thwaites, già visto nei panni fiabeschi del Principe “azzurro” Filippo in Maleficent) perfettamente spalleggiato dai due grandi “vecchi”, Meryl Streep, nel ruolo della perfida leader del Consiglio degli Anziani, e Jeff Bridges, qui in veste anche di produttore  e in realtà vero deus ex machina del film, avendo acquistato i diritti del libro già una ventina di anni fa con il proposito di regalare a suo padre (il grande e compianto Lloyd Bridges) il ruolo di Donatore.

Promozione piena quindi? Sì e no.

Perché se da un lato è vero che The Giver propone soluzioni visive eleganti che lo portano ad essere una sorta di quieto e raffinato blockbuster, va anche detto che nessuna di queste è mai davvero originale e che, per quanto Phillip Noyce giri bene – e, col suo curriculum, ci mancherebbe altro – alla fine della visione resta il dubbio che questo primo film della saga non riesca a creare un mondo o un universo narrativo, definito in ogni suo piccolo particolare, che gli spettatori possano abitare virtualmente nel corso degli anni a venire (scommessa vinta, ad esempio, sia da Peter Jackson nella Terra di Mezzo che dai film della serie Hunger Games) ma è, in ogni caso, un male minore.
Per dire che, nonostante paghi in parte il suo essere un’introduzione ai capitoli successivi, Il mondo di Jonas vale assolutamente la visione e lascia ben sperare per le sorti del futuro intrattenimento per ragazzi in chiave hollywoodiana.

[Thanks, Movielicious!]

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