In un desolato panorama postnucleare Max Rockatansky, (Tom Hardy, Il cavaliere oscuro – Il ritorno, Locke, The Drop) ex poliziotto ed eroe suo malgrado, viene catturato dal grottesco ed inquietante Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne, Giochi di morte), capo di un vasto culto che lo vede come un dio guerriero. Quando Imperatrice Furiosa (Charlize Theron), serva di Immortan Joe, si ribella e ruba un prezioso carico allo spietato guru Max si ritrova costretto a doverla aiutare nella sua fuga verso un utopico “luogo verde”, inseguiti dal “Ragazzo di Guerra” Nux (Nicholas Hoult, X-Men – Giorni di un futuro passato).
Mad Max: Fury Road poteva risultare l’ennesimo sequel, prequel, reboot fuori tempo massimo nato dalla nostalgia degli anni ’80, un’altra macchina mangiasoldi senza anima e meriti propri: fortunatamente, incredibilmente, Fury Road non lo è.
Siamo di fronte ad un atto d’amore con una gestazione di ben dieci anni tra riscritture e revisioni, un carrozzone colorato, un circo itinerante di bizzarre mutazioni e veicoli veramente ibridi, un sogno febbrile ad alta velocità fatto di impatti, fucilate, esplosioni, cadute nel più puro stile degli action movie americani d’annata, con una computer grafica ridotta al minimo e sostituita da virtuosismi da telecamera telecomandata.
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George Miller, invecchiando, non ha perso lo smalto dei suoi tempi migliori ed anzi ha maturato, estremizzandoli, il suo stile cinematico, nel vero senso della parola e la sua estetica che ha fatto scuola ed è proprio quest’ultima la carta vincente del film: ogni pensatissimo dettaglio meccanico, ogni sincretismo automotivo che palesa un world building metodico, ogni teschio, ogni costume bislacco, ogni corazza, ogni protesi, ogni arma di sfondo sino ad arrivare al gloriosamente folle camion/palco musicale viene assaporato, goduto, spremuto dallo spettatore sino al completamento della sua funzione. Ogni elemento di questo mondo composto di vecchi scarti recuperati e riassemblati amorevolmente e quasi religiosamente in una nuova funzione è un coerente pezzo di un puzzle che gradualmente viene assemblato lungo i centoventi minuti di puro divertimento.
I personaggi principali riescono a trasmettere empatia nonostante, o grazie a, i loro lunghi silenzi: Charlize Theron nelle vesti di Imperatrice Furiosa riesce nell’impresa di farsi perdonare la sua partecipazione all’imbarazzante Prometheus mentre la fisicità di “Bane” Hardy è sufficiente a riempire il vuoto delle non parole. L’ottimismo ingenuo espresso da Nicholas Hoult spezza volutamente il mood senza cadere nel facile comedy relief ma ancor più di Max e Furiosa è il villain principale a dominare la scena: Immortan Joe (interpretato da quel Hugh Keays-Byrne già in Interceptor) è una creatura mostruosa ed abietta ma sin troppo comprensibile, incarnazione dei lati più negativi della “civiltà” e perversa speranza di un futuro per un mondo divorato dall’entropia.
Pur risultando un lungo, lunghissimo inseguimento trasudante meravigliosi combattimenti MM:FR non cade nel tranello dello sterile, inutile Terminator – Le Macchine Ribelli offrendo una trama a più livelli, un percorso di rendenzione e speranza alla ricerca di quel qualcosa che renda la “civiltà” degna di esistere oltre la mera sopravvivenza offerta da una forte leadership.
Contro la tirannia degli uomini come Immortan Joe abbiamo bisogno di un altro eroe.
Consigliatissimo.
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