Impossible non pensare a Tre millimetri al giorno di Richard Matheson da cui fu tratto, nel lontano 1957, Radiazioni BX: distruzione uomo. Sono quelli gli anni in cui la Marvel crea Ant-Man, il cui primo albo vede la luce sette anni dopo, nel gennaio del 1962. Molta strada è stata fatta da allora e ne è testimonianza vivente il grandissimo Stan Lee, 93enne di ferro che apprezzerete in un cameo anche in questo film!
Ottimo cast, coerenza narrativa impeccabile, due trame in una: Ocean’s Eleven featuring The Avengers. Prova superata alla grande per Ant-Man di Peyton Reed, da oggi nelle sale italiane. Ironia, tecnologia, effetti speciali bilanciati in modo armonico e coerente con la narrazione, personaggi minori scelti con estrema cura. Un esempio su tutti? Affidare a Wood Harris (lo spietato boss Avon Barksdale della leggendaria serie The Wire) il ruolo di guardia carceraria…è stato un perfetto ed altamente ironico tocco di stile.
Questa poderosa produzione sancisce un ritorno trionfale per Michael Douglas nel ruolo dello scienziato da cui tutto ebbe inizio, Hank Pym (nel fumetto originale il suo nome di battesimo è Henry), affiancato dalla sublime Evangeline Lilly (se possibile, ancora più bella che in Lost) nei seducenti panni di sua figlia Hope van Dyne e Paul Rudd nell’avveniristica tuta miniaturizzante dell’uomo formica.
E’ proprio alla moglie di Henry “Hank” Pym che si deve, tra l’altro, il nome Vendicatori (Avengers). Fu Janet Van Dyne (Wasp), infatti, a fondare il gruppo insieme al marito. Lo scontro tra questo quarto Ant-Man (il primo fu lo stesso Pym) e Falcon, vendicatore dell’universo Marvel che avevamo già avuto modo di apprezzare in Captain America: The Winter Soldier varrebbe da solo il prezzo del biglietto ma si tratta soltanto della ciliegina sulla torta perché il bello…deve ancora iniziare!
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A proposito della tecnologia utilizzata nel film, il regista ha così dichiarato: “Abbiamo usato una combinazione di riprese macro, macrofotografie e motion capture con gli attori e le controfigure; abbiamo inoltre costruito delle versioni in miniatura di ogni set che abbiamo chiamato macro-scenografie. Volevo che le superfici degli oggetti sembrassero autentiche quando Ant-Man correva sul pavimento o su un tappeto. Il fotorealismo più assoluto è diventato il nostro mantra. Usate in questo modo, queste tecniche permettono di rendere le superfici tattili e tangibili ma, allo stesso tempo, ci permettono di muovere il più possibile la macchina da presa sul set. Si tratta di una novità che distingue Ant-Man da tutti gli altri film sulla miniaturizzazione”.
Una visione fantastica. Correte al cinema! 😉
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