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Hey Joe di Claudio Giovannesi, presentato nella sezione Gran Public della Festa del Cinema di Roma 2024 ed uscito in sala il 28 Novembre grazie a Vision Distribution, è un film che esplora il delicato incontro tra un padre e un figlio che non si sono mai conosciuti, all’interno di una Napoli che sembra essersi fermata nel tempo.

La storia ruota attorno a Dean Barry (interpretato da James Franco), un veterano della Seconda Guerra Mondiale, che ritorna nella città partenopea negli anni ’70 per cercare il figlio Enzo, nato da una relazione fugace con una ragazza napoletana durante il conflitto. Dean spera di recuperare il tempo perduto, ma Enzo, ormai adulto, ha cresciuto sé stesso nella malavita e non ha alcun interesse per l’uomo che si presenta come suo padre.

L’intreccio è ispirato dal termine “Hey Joe”, usato dalle ragazze napoletane costrette alla prostituzione per attrarre i soldati americani, in un contesto di povertà e degrado. Il film si muove tra il passato e il presente, dove il senso di rimpianto e l’anelito alla riconciliazione sono i temi dominanti.

La narrazione di Giovannesi è intima e intensa, senza mai scivolare nel melodramma gratuito, e riesce a restituire in modo autentico una storia di solitudine e speranza.

Il ritorno di Dean a Napoli, dopo una vita segnata dalla guerra e dalla dipendenza dall’alcol, non è solo fisico ma anche emotivo. La città che ritrova è ancora lontana dal cambiamento: i Quartieri Spagnoli sono luoghi bui e decadenti, dominati dallo spaccio e dalla malavita. Nonostante il passare degli anni, la Napoli che Dean ricorda dal 1943 è rimasta pressoché invariata, così come le sue cicatrici interiori, frutto delle esperienze traumatiche della guerra in Corea e Vietnam.

L’incontro con Enzo, il figlio mai conosciuto, si rivela un salto nel buio per entrambi, poiché non si conoscono e non sanno nulla l’uno dell’altro.

Il regista e gli sceneggiatori Maurizio Braucci e Massimo Gaudioso costruiscono una storia semplice, ma ricca di emozioni e di conflitti interiori. Giovannesi, grazie alla sua regia, riesce a tracciare il percorso di due anime ferite, che, nonostante le loro differenze, si trovano a confrontarsi con il passato e con la realtà che li circonda, in un incontro che si svolge lontano dai facili sentimentalismi, ma intriso di una sottile malinconia.

James Franco è perfetto nel ruolo di Dean, portando una profondità e un’intensità emotiva che rendono la sua ricerca del figlio ancora più toccante. La sua performance si inserisce bene in un contesto cinematografico che privilegia l’atmosfera alla narrazione lineare. Napoli, nel film, non è solo il luogo fisico in cui si svolge la vicenda, ma diventa un personaggio a sé, con le sue contraddizioni, il suo buio e la sua vitalità.

I vicoli stretti e le piazze dei Quartieri Spagnoli fanno da cornice a una storia che si nutre dei suoni, dei colori e dei ritmi di una città che non smette mai di sorprendere.

La fotografia contribuisce a rafforzare questa sensazione di “città sospesa”, con immagini che catturano le sfumature più intime della vita napoletana, anche quella più nascosta e pericolosa. Giovannesi riesce così a dare poesia a una realtà di degrado, raccontando la Napoli malavitosa in cui Enzo è cresciuto, senza mai ridurre la città a un semplice sfondo.

Il film, pur trattando temi universali come la giovinezza, il rimpianto e la ricerca di una seconda occasione, riesce a mantenere una dimensione locale, restituendo la complessità e l’autenticità di Napoli, città dai mille volti, che affonda le sue radici in un passato ricco di contrasti e speranze disilluse.

 

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